Rocket Lab: secondo fallimento del razzo Electron in meno di un anno
Cattive notizie da parte di Rocket Lab e il suo razzo Electron. Il secondo stadio del vettore infatti, dopo un’ascensione corretta e pochi secondi dopo la sua di accensione, si è inaspettatamente spento e il payload, composto da due satelliti, è andato perso. Si tratta del secondo fallimento in meno di un anno e il terzo nella storia della compagnia.
Alle 12:11 (ora italiana) del 15 maggio scorso l’accensione dei 9 motori Rutherford ha dato il via alla missione “Running Out of Toes” che è decollata dal Launch Complex 1 di Māhia Peninsula in Nuova Zelanda.
Il razzo ha continuato la sua ascesa nominalmente, lungo la traiettoria prevista e anche la successiva separazione tra i due stadi è avvenuta come ci si aspettava. Il secondo stadio invece, spinto dal motore Rutherford ottimizzato per il vuoto, pochi secondi dopo ha smesso di fare il suo lavoro spegnendo il motore. I due satelliti a bordo, di proprietà della BlackSky, facevano parte di una costellazione dedicata all’osservazione terrestre a 430 km quota.
Sta agli ingegneri della Rocket Lab scoprire quale sia stato il problema che ha causato questa improvvisa perdita della spinta prodotta dal propulsore del secondo stadio. Questo è il terzo fallimento nella storia della compagnia statunitense e il secondo nel giro di un anno. Nel luglio del 2020 dopo circa 6 minuti dal lancio, a causa di un problema elettrico, si spense nuovamente il motore del secondo stadio decretando il fallimento della missione.
Anche nel primissimo lancio dell’ Electron, che risale al 2017, un problema rilevato dal computer di bordo comportò un abort preventivo e dunque il mancato inserimento in orbita del payload. Cosa abbia portato al fallimento di quest’ultima missione non è ancora chiaro, ma sarà necessario scoprirlo prima di recuperare la piena affidabilità del lanciatore.
Non solo fallimenti per Rocket Lab con Electron
Tuttavia l’azienda non ha collezionato solo fallimenti. Anzi, con gli ultimi lanci sta cercando di ottimizzare il sistema per il recupero e il successivo riutilizzo del primo stadio. I dati raccolti durante il recupero del booster principale nel novembre del 2020 hanno permesso l’ottimizzazione dello scudo termico, utile durante il rientro nella parte densa dell’atmosfera.
Il recupero del booster al momento avviene in due fasi: l’atterraggio morbido in oceano tramite paracadute, e il successivo prelievo a cura di operatori a bordo di un’imbarcazione appositamente progettata. I piani futuri prevedono invece l’utilizzo di un elicottero capace di afferrare il booster al volo mentre rientra a terra rallentato dal paracadute.
Le peculiarità di Electron e l’importanza del suo riutilizzo
L’Electron è un lanciatore di classe leggera, capace di portare in bassa orbita terrestre (Low Earth Orbit, LEO) fino a 300 kg di carico pagante. Il corpo è realizzato interamente in fibra di carbonio e i 10 motori Rutherford sono costruiti tramite stampa 3D con una tecnica chiamata fusione a fascio di elettroni.
In un settore sempre più in evoluzione e con la concorrenza sempre più agguerrita, riuscire nell’intento del riutilizzo del booster principale permetterà di abbassare i costi di produzione e dunque essere più competitivi sul mercato. Tra le missioni celebri che può vantare l’Electron ricordiamo “Return to sender” nella quale il payload comprendeva ben 30 satelliti e uno gnomo da giardino.
A cura di Domenico Geraci.