Nella storia dell’ingegneria i grandi incidenti hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle tecnologie. Alcuni di questi hanno risuonato così tanto da divenire delle vere e proprie icone culturali, un esempio ne è il naufragio del Titanic. Ognuno di questi avvenimenti porta con sé sempre due conseguenze: la perdita di vite umane e un’accelerazione tecnologica in quello specifico campo in cui si è verificato l’incidente, proprio per scongiurare il ripetersi del tragico epilogo. Cerchermo di rispondere alla domanda “Perché i finestrini degli aerei sono arrotondati?“
Questo è il caso del De Havilland Comet, il primo aereo di linea commerciale pressurizzato della storia prodotto dalla British Overseas Airways Corporation (BOAC), l’antenata dell’odierna British Airways. L’aereo, così come nel caso del Titanic, rappresentava una svolta epocale nel proprio settore e per questo motivo non era semplicemente considerato un prodotto innovativo come tanti si erano visti fino a quel momento, ma un vero e proprio cambio di paradigma storico, motivo di orgoglio per un’intera nazione.
Ci troviamo, infatti, agli inizi degli anni Cinquanta e fino a pochi anni prima gli sforzi in ambito aeronautico erano stati concentrati per forza di cose sul tema bellico. Poi, con la fine della Seconda guerra mondiale si aprì l’opportunità di applicare le conoscenze tecnologiche maturate durante gli anni di conflitto a vantaggio di una nuova industria emergente, quella dei voli commerciali.
Il 2 maggio 1953, un anno dopo il volo inaugurale del Comet, il volo 783 partito da Calcutta e diretto a Delhi con a bordo 43 persone fra passeggeri ed equipaggio si schianta pochi minuti dopo il decollo. Il 10 gennaio 1954, il volo 781 partito da Roma e diretto a Londra con a bordo 35 persone si schianta in mare dopo che l’aereo riportò un danno catastrofico improvviso a mezz’aria. L’ 8 aprile 1954, a sole poche settimane di distanza dal precedente incidente, il volo 201 partito da Roma per il Cairo con a bordo 21 persone si schianta in mare vicino a Napoli dopo soli quaranta minuti di volo.
In neanche un anno il De Havilland Comet “colleziona” tre incidenti catastrofici per un totale di 99 vittime. A quel punto le autorità non poterono fare altro che revocare il permesso di volo alla flotta di Comet a tempo indefinito. Forse non si erano posti la domanda giusta, perché i finestrini degli aerei sono arrotondati?
Per tentare di capire le cause di questi incidenti si decise di effettuare dei test di pressurizzazione delle fusoliere per i modelli esistenti mediante un enorme serbatoio d’acqua. Le analisi mostrarono con grande stupore dei progettisti dell’aereo che la fusoliera cedeva a fatica dopo sole poche migliaia, in alcuni casi solo centinaia, di cicli a fronte dei 16000 previsti dai test effettuati durante le fasi di progettazione dell’aereo.
Ciò fu dovuto ad un errore in fase di testing che oggi può sembrare banale, ma che allora non lo era, soprattutto in quanto all’epoca l’esperienza in materia di progettazione di aerei pressurizzati era molto limitata. L’errore madornale compiuto dai progettisti fu quello di testare la tenuta strutturale della fusoliera pressurizzandola ad un valore due volte più grande rispetto a quella prevista per l’esercizio.
L’eccessiva pressurizzazione della fusoliera provocò lo snervamento del materiale in prossimità degli angoli dei finestrini a forma quadrangolare, i quali rappresentavano delle zone di concentrazione degli sforzi. Lo snervamento degli angoli comportava l’incrudimento del materiale, ovvero il rafforzamento che si ha in presenza di una deformazione plastica (permanente), e di conseguenza un miglioramento delle sue proprietà meccaniche, fra cui anche la resistenza a fatica. Questo processo di rafforzamento per snervamento da sovrapressione prende il nome di autofrettage e viene utilizzato consapevolmente tutt’ora per migliorare la resistenza meccanica statica e a fatica di contenitori in pressione.
In definitiva, l’errore fu effettuare i test a fatica sulle fusoliere precedentemente testate in sovrapressione, dal momento che l’incrudimento del materiale nascondeva la reale resistenza a fatica delle fusoliere che non erano state sottoposte ai test.
Grazie alle verifiche condotte in seguito agli incidenti si determinò che la cricca generata dalla sollecitazione a fatica cresceva preferenzialmente a partire dagli angoli dei finestrini di forma quadrangolare che caratterizzavano il Comet. Questo accadeva perché la forma squadrata del finestrino aumentava l’effetto di concentrazione degli sforzi dovuti alla presenza stessa del finestrino nella fusoliera.
In meccanica ciò prende il nome di effetto di concentrazione degli sforzi e interessa un qualsiasi componente con una discontinuità geometrica, come ad esempio una piastra forata o un albero con un cambio di diametro improvviso. A causa della presenza di questa discontinuità, detta intaglio in gergo tecnico, lo sforzo viene aumentato di un certo fattore che dipende dal tipo di sollecitazione e dalla geometria del sistema.
Per darvi anche solo una vaga idea del concetto, sappiate che in una piastra forata sottoposta a trazione lo sforzo in prossimità del foro vale tre volte quello nominale, ovvero quello che si avrebbe teoricamente senza l’effetto di concentrazione degli sforzi. Perciò capite bene che la presenza dell’intaglio è una cosa che non può assolutamente essere messa in secondo piano durante la progettazione di una struttura, soprattutto quando la struttura è critica come la fusoliera di un aereo di linea.
E quindi, perché i finestrini degli aerei sono arrotondati? Ad oggi, il problema è stato risolto arrotondando la forma dei finestrini per ridurre l’effetto di concentrazione degli sforzi in modo da sfavorire la nucleazione di cricche.
Per quelli di voi che sono meno ferrati sull’argomento e si stanno chiedendo cos’è la fatica, sappiate che prima di tutto è un bel problema. Questo perché mentre il cedimento di un componente sotto l’azione di un carico statico, ovvero costante nel tempo, è relativamente facile da prevedere, il cedimento a fatica dello stesso è un fenomeno fortemente statistico. Cosa più importante ancora, il cedimento a fatica del componente avviene a sollecitazioni inferiori rispetto alla resistenza meccanica del materiale in condizioni di carico statico.
In breve, il fenomeno della fatica consiste in una modalità di frattura a cui va incontro un componente che è sollecitato con un carico ciclico nel tempo, pensate ad esempio alla molla di una sospensione che viene caricata e scaricata continuamente.
Questo avviene perché nel materiale si formano delle piccole fratture anche microscopiche, dette in gergo cricche, in prossimità di difetti del materiale (inclusioni non metalliche, porosità, ecc…) o in presenza di zone di concentrazione degli sforzi. Le cricche si accrescono formando una vera e propria frattura che si propaga nel materiale sotto l’azione del carico variabile. Quando la sezione resistente del componente non è più sufficiente a sostenere la sollecitazione, il componente cede in modo improvviso.
Come detto, la fatica è un fenomeno statistico e di conseguenza difficile da controllare, ma agli ingegneri si sa piace avere il controllo delle cose, soprattutto quando si parla di settori come l’ambito aeronautico in cui la sicurezza è un fattore critico.
Per fare ciò, si utilizza una filosofia di progettazione chiamata damage tolerant design in cui sostanzialmente si prende atto del fatto che ad un certo punto si formeranno delle cricche nei componenti dell’aereo, indifferentemente da quanto bene si progetti l’aeromobile.
L’obbiettivo di questo approccio è quindi non tanto quello di evitare la formazione di difetti, ma piuttosto di controllarne la crescita nel tempo. Infatti, di per sé la presenza di difetti non è catastrofica, ma lo diventa nel momento in cui una cricca raggiunge dimensioni critiche tali da minare la tenuta del componente sottoposto al normale carico di esercizio.
Da un punto di vista pratico, per controllare la crescita dei difetti si deve ricorrere ad uno specifico design che ne sfavorisca l’accrescimento unito a delle ispezioni periodiche. In questo modo si ha la possibilità di mantenere la resistenza meccanica del componente al di sopra del carico per cui si avrebbe la frattura per un determinato periodo di tempo, per esempio l’intervallo di tempo che intercorre fra due ispezioni. L’ispezione viene poi effettuata con metodi non distruttivi per individuare cricche pericolose e porvi rimedio aggiustando il componente.
A cura di Axel Baruscotti.