Da tempo, gli astrofisici hanno teorizzato che l’interruzione delle maree dei buchi neri potrebbe portare all’emissione di neutrini ad alta energia. Il fenomeno di interruzione delle maree è un evento astronomico, che si verifica quando una stella si avvicina sufficientemente ad un buco nero supermassiccio (o supermassivo) e viene separata da forze gravitazionali capaci di allungare il corpo lungo una linea, verso il centro di massa del buco nero, a causa di un intensissimo campo gravitazionale. Queste forze sono chiamate, appunto, forze di maree del buco nero.
Il processo che porta all’allungamento verticale e la compressione orizzontale di un oggetto in un campo gravitazionale non omogeneo molto forte, è chiamata “spaghettificazione”. La parte finale del flusso sfugge al sistema, mentre la parte principale torna indietro e circonda il buco nero contribuendo alla crescita del disco di accrescimento, e aumenta la massa del buco nero. In alcuni casi, il buco nero lancia getti di particelle in rapido movimento. Gli scienziati hanno ipotizzato che le interruzioni delle maree avrebbero prodotto neutrini ad alta energia all’interno di tali getti di particelle.
I neutrini sono particelle fondamentali, quasi prive di massa, che interagiscono raramente con la materia e che viaggiano a velocità quasi relativistiche. In particolare, i neutrini ad alta energia, hanno energia fino a 1.000 volte maggiori di quelle prodotte da collisori di particelle sulla Terra.
La prima conferma di neutrini ad alta energia fu annunciata nel 2018, grazie all’osservazione di un Blazar, ovvero una sorgente altamente energetica, variabile e molto e compatta associata ad un buco nero supermassiccio. E per la seconda volta, grazie all’utilizzo di strutture terrestri e spaziali, tra cui il Neil Gehrels Swift Observatory della NASA, è stato possibile tracciare, nuovamente, un neutrino in un buco nero a causa del “laceramento” di una stella.
Un evento recente, denominato AT2019dsg, fornisce le prime prove che la produzione di neutrini ad alta energia derivi dall’interruzione delle maree di un buco nero. Ma ha sfidato le ipotesi degli scienziati su dove e quando queste particelle possano formarsi durante le esplosioni distruttive di corpi attratti da buchi neri supermassici. Pur essendo un evento estremamente rilevante, per gli scienziati esso non ha generato il neutrino quando e come si aspettavano.
È iniziato circa 700 milioni di anni fa, quando sulla Terra si evolveranno i primi animali. A proiettarlo nell’universo dopo aver divorato una stella, a causa della sua enorme attrazione gravitazionale, un buco nero supermassivo con una massa pari a 30 milioni di volte quella Sole, posizionato nella Costellazione del Delfino. Il viaggio del neutrino si concluse nell’ottobre 2019 al Polo Sud, catturato dal rivelatore di neutrini IceCube.
AT2019dsg è solo una delle poche interruzioni di marea note che emettono raggi X. Tra gli scienziati, però, c’è un dibattito ancora aperto: da dove proviene l’emissione dei raggi X? Alcuni scienziati pensano che i raggi X provengano dalle parte interna del disco di accrescimento, vicino al buco nero, o da getti di particelle ad alta velocità lungo una direzione perpendicolare al disco di accrescimento.
Un team di scienziati della German Electron-Synchotron guidati dal ricercatore Robert Stein, suggerisce invece, che l’emissione di raggi X provenga solamente dal disco di accrescimento e ciò spiegherebbe anche perché essi, dopo 160 giorni, sono sbiaditi del 98%. L’origine dei neutrini cosmici ad alta energia è ancora in gran parte sconosciuta, perché sono notoriamente difficili da catturare.