Aviazione

Come si misura la velocità di un aereo?

Quando sta andando veloce questo aereo? Potrebbe essere la domanda di un bambino e/o adulto nella cabina di pilotaggio di un qualsiasi aereo. Sembra una domanda molto banale chiedere la velocità di un aereo: per avere la risposta basta guardare il tachimetro… ah no, non possiede delle ruote che rotolano quando non è a terra… vabbè, basta guardare il GPS! Se state pensando che la risposta sia corretta, questo è l’articolo che fa per voi. Quindi come si misura la velocità di un aereo?

In effetti la domanda non è posta nella maniera più corretta, dal momento che nella definizione di velocità esiste, insito, il concetto di relatività: chi si sta muovendo rispetto a cosa? Ovviamente, date le velocità in gioco, non ci si riferisce alla relatività di Einstein, anche se, vi sono molte similitudini, ma andiamo con ordine! Come spesso accade, l’aerodinamica non è banale e nemmeno così tanto più semplice della relatività di Einstein.

Cosa si intende per velocità? E come si misura la velocità di un aereo?

La velocità non è altro che la variazione di spazio nel tempo: se un’automobile impiega un’ora a percorrere 60 km, avrà una velocità media di 60 km/h. Chiaramente stiamo osservando l’automobile che si muove rispetto ad un sistema di riferimento fermo, in questo caso la strada, o a velocità costante (tecnicamente la strada è solidale al pianeta Terra, che sta ruotando a velocità costante, sul proprio asse, attorno al Sole, attorno al centro della Via Lattea e in rotta di collisione con la galassia Andromeda!). Questo, però, è un altro argomento, torniamo con i piedi per terra, nella nostra atmosfera: proprio come l’automobile, un aereo deve possedere una velocità relativa rispetto al vento, non necessariamente rispetto al suolo. Difatti, ricordiamo la formula della portanza:

Nella precedente equazione compaiono i seguenti protagonisti: ρ è la densità del fluido circostante, V è la velocità del flusso, S è la superficie che si prende in considerazione (nel caso di un aereo la superficie alare) e cl è il coefficiente, in questo caso di portanza, che dipende solo dalla forma del profilo alare (in prima approssimazione). Il termine che ci interessa è la velocità: essa è proprio la velocità relativa dell’aereo, rispetto all’aria calma (ATTENZIONE: è bene ricordare che, in ambito ingegneristico, dire che un oggetto si sta muovendo rispetto al fluido, o dire che il fluido si sta movendo rispetto a tale oggetto è la stessa cosa: vedasi le gallerie del vento!).

Ovviamente, la velocità del velivolo rispetto al vento sarà sicuramente diversa da quella registrata dal GPS rispetto a terra. Perfetto, ora abbiamo individuato quale sia la velocità di nostro interesse, quindi è tutto finito? Certo che no! Il nostro viaggio è appena iniziato e abbiamo bisogno di un “tachimetro” che misuri la velocità del vento: anche se ci state pensando, no, non si può usare una girandola, attaccata ad un contachilometri per biciclette, per misurarla.

È necessario uno strumento molto più robusto dal punto di vista sia strutturale, sia dell’affidabilità della misura. Come spesso accade, le soluzioni più semplici, sono anche le migliori e, come molto spesso accade in ambito aeronautico, le invenzioni di 200 anni fa sono ancora di moda.

Il tubo di Pitot: avere 200 anni e sentirsi ancora giovani (e utilissimi)

Nella prima parte del 1800, un ingegnere di nome Henri Pitot inventò uno strumento, il tubo di Pitot, per misurare la velocità di un fluido, ideando un metodo che rivoluzionò per sempre la fluidodinamica. Osservando un aereo risulta pressoché impossibile non averci mai fatto caso:

Tipico tubo di Pitot installato sul muso di un aereo: è possibile notare la scritta che ricorda che esso viene riscaldato elettricamente, per evitare la formazione di ghiaccio. Credits: Wikimedia Commons

Non sembra un oggetto molto complesso, anche perché, nella realtà dei fatti, non lo è: si tratta di un tubo cavo. Nell’immagine sottostante viene schematizzato per capirne la fisica:

Schematizzazione di un tubo di Pitot: all’atto pratico è un tubo con la punta forata (Presa Totale) che “raccoglie” direttamente tutta l’aria e una laterale (Presa Statica) che, solitamente, sugli aerei è posizionata sulla fusoliera. Credits: YouTube, Ron Hugo
Tipiche prese di pressione statiche posizionate sulla fusoliera di un velivolo. Credits: Physics Stack Exchange

Una volta che si è appresa la struttura, è tempo di passare alla fisica: se un fluido di trova in quiete, l’unica pressione che esso esercita su un corpo è quella statica. Voi siete seduti nella vostra stanza e l’aria è in quiete: percepiamo solo la pressione atmosferica, dovuta alla colonna d’aria sopra alla nostra testa.

Discorso diverso per un oggetto in movimento: se muovete velocemente una mano, percepite una pressione differente, dovuta al movimento del fluido attorno alla vostra mano che viene definita pressione dinamica. Di conseguenza, la pressione totale che percepirete sarà la somma di quella statica e di quella dinamica:

A differenze delle altre due, la pressione dinamica può essere calcolata a partire da solamente due variabile, che, fra l’altro, sono le uniche che ci servono:

Osservando bene questa formula, i primi tre termini sono gli stessi presenti nella formula della portanza, riportata qualche riga sopra: vi è una dipendenza quadratica con la velocità del fluido (che è quella che serve al pilota!). Riesaminando le immagini, si è detto che un tubo di Pitot misura la pressione totale, che è la pressione delle particelle che impattano sulla punta della sonda e che la pressione statica, ovvero quella che esercita un fluido grazie alla sola interazione con l’oggetto, è misurata dalle prese di pressioni poste a filo della fusoliera. Sostituendo i termini delle precedenti equazioni:

Ma, le due pressioni sono misurate, quindi sono note, la densità può essere facilmente calcolata in base alla quota, è quindi ecco come si misura la velocità di un aereo!

Ed ecco che una semplicissima invenzione può risolvere il problema: grazie Henri Pitot.

Come si misura la velocità di un aereo: la pressione

Le equazioni descritte nel precedente paragrafo si basano, appunto, sulle misure di pressione, ma com’è possibile farlo? Lo scopo di questo paragrafo è di introdurre le metodologie, senza entrare troppo nei dettagli di tali strumenti.

Per poter misurare una quantità fisica, in questo caso la pressione, è necessario utilizzare un trasduttore, ovvero uno strumento in grado di convertire tale quantità in un valore: chiaramente ne esistono sia analogici che digitali, e, a loro volta, di differenti tipologie. Per semplicità, verrà presentato il funzionamento di un trasduttore analogico: esso è costituito da una capsula di metallo corrugato, a forma di disco, all’interno del quale viene fatto il vuoto; essa prende il nome di capsula aneroide.

Esempi di capsule aneroidi. Credits: Ronchester Avionic Archives
Schema di funzionamento di un altimetro (anch’esso basato sulla misura di pressione). Credits: Boldmethod

Come si può notare nell’immagine precedente, la pressione che proviene dalla presa statica (Static Port) “entra” all’interno della camera dello strumento (il verbo “entrare” è scorretto, dal momento che la pressione di un gas, come l’aria, è presente ovunque, in tutto il recipiente, atmosfera e/o altimetro che sia).

La capsula aneroide è in grado di contrarsi per costruzione (com’è possibile notare nell’immagine in alto) e, di conseguenza, tramite un cinematismo noto si è in grado di legare tale contrazione alla variazione di pressione. Noi, però, stiamo cercando un modo per misurare la velocità, quindi necessitiamo di due capsule aneroidi? Una per la presa statica e una per quella totale? Non esattamente: è possibile sfruttare le capsule aneroidi in maniera molto intelligente, com’è riportato nello schema sottostante:

Schematizzazione del funzionamento di un anemometro a capsula aneroide.

Abbiamo appena progettato un anemometro: ovvero quello strumento in grado di misurare la velocità del velivolo/veicolo rispetto all’aria! Come si può notare in figura, la capsula aneroide si contrae, o espande, in base alla pressione differenziale, ovvero la differenza fra quella totale e quella statica, che è esattamente ciò che stiamo cercando, ovvero la pressione dinamica. Una volta nota questa quantità, basta fare una radice quadrata e la velocità dell’aria è calcolata. Ottimo, è tutto finito qui il gioco? Chiaramente no! La realtà è molto più complessa di quanto sembri.

Quante velocità esistono?

Come tutti gli strumenti, anche l’anemometro commette degli errori di misura: solitamente essi sono ben noti al costruttore, tuttavia in campo aerodinamico vi sono anche altri effetti che influenzano una misura di pressione, principalmente due:

  • Comprimibilità del fluido: influenzata dalla temperatura del fluido e dalla velocità stessa
  • Densità del fluido: influenzata dalla quota e dalle condizioni meteorologiche

Una volta noto lo strumento e queste due caratteristiche intrinseche della misura, è possibile definire le velocità di un aereo (eh sì, abbiamo capito come si misura la velocità di un aereo ma non ne esiste una sola):

  • Indicated Air Speed (IAS): è il dato letto direttamente dallo strumento
  • Calibrated Air Speed (CAS): è calcolata a partire dalla IAS, considerando una curva di taratura dello strumento, errori strumentali ed errori di misura dovuti al posizionamento delle prese
  • Equilibrated Air Speed (EAS): è calcolata a partire dalla CAS e tiene conto della densità dell’aria corrispondente alla quota zero (praticamente si utilizza il modello di atmosfera standard (ICAO), utilizzando un valore di densità come se il velivolo fosse al livello del mare). Si tratta dell’informazione più importante, dato che fornisce indicazioni sui carichi aerodinamici agenti sulla struttura del velivolo (quindi, ad esempio, è utilizzata per il calcolo della portanza), soprattutto a bassa velocità, nelle fasi di decollo e atterraggio
  • True Air Speed (TAS): è calcolata a partire dalla EAS e si basa sulla vera densità corrispondente alla quota del velivolo. Essa è la vera velocità del velivolo rispetto all’aria, tuttavia è utile solo in fase di navigazione perché, essendo corretta in base al modello di atmosfera standard, non tiene conto dei venti (presenti in quota tipicamente).

Se il velivolo vola in regime comprimibile, ovvero la sua velocità (rispetto all’aria) è maggiore di circa un terzo rispetto a quella del suono, è necessario correggere tali letture con formule molto più complesse, ma il punto di partenza rimane sempre la lettura dell’anemometro. Insomma, vi sono molteplici velocità utili ad un pilota e deve essere proprio lui a capire come interpretarle al meglio per poter pilotare l’aereo.

Due precisazioni: sui moderni velivoli si utilizzano capsule aneroidi diverse, per la presa statica e per quella totale. Questo metodo permette di tenere conto della comprimibilità del fluido in modo più preciso. Infine, come spesso accade in ambito aeronautico, vi sono molteplici prese di pressione (di entrambe le tipologie), disposte per tutta la fusoliera del velivolo, in modo da avere abbastanza dati per poter “mediare” le letture e fornire al pilota quella corretta.

A cura di Riccardo Musazzi