Gli astronomi hanno registrato ai Raggi X lunghi getti di particelle prodotti da un buco nero supermassivo dell’universo primordiale. Il telescopio della Nasa Chandra X-Ray ha effettuato le osservazioni fornendo agli scienziati dei dati incredibili relativi all’universo più lontano e giovane. Queste osservazioni sono importanti per rispondere ad alcune domande su come si siano formati buchi neri così grandi nelle fasi iniziali dell’universo. In particolare la domanda a cui gli astronomi vogliono rispondere riguarda la loro crescita. Come hanno potuto accrescere così rapidamente la loro massa nelle fasi iniziali del cosmo i buchi neri supermassivi?
Uno studio sicuramente difficile che gli scienziati possono portare avanti grazie ad un prezioso alleato: il Chandra X-ray Observatory. Questo telescopio astronomico viaggia intorno alla Terra su un’orbita ellittica. Il punto più vicino è ad un’altitudine di 16 mila kilometri ed il punto più lontano a 133 mila kilometri, circa un terzo della distanza Terra-Luna. Attivo dal 1999, il telescopio possiede una risoluzione molto maggiore rispetto ai suoi predecessori e con i suoi specchi permette di effettuare osservazioni a Raggi X. Queste emissioni elettromagnetiche si generano nelle zone di universo con più alta energia e permettono quindi di studiare buchi neri, supernovae e galassie.
Per capire al meglio la natura di questa notizia apriamo una breve parentesi sui buchi neri supermassivi. I buchi neri si generano quando stelle con masse superiori a venti masse solari esauriscono le materie prime per la fusione nucleare. A questo punto, il nucleo collassa per via delle grandi forze gravitazionali esercitate generando un buco nero. Questa entità celeste ha una massa tra le 3 e le 12 volte superiore a quella del Sole. Le grandi densità di materia e le incredibili forze gravitazionali generate sono le caratteristiche principali di questi oggetti.
Invece, i buchi neri supermassivi hanno masse pari a milioni o miliardi di masse solari. Sono dei veri e propri mostri dell’universo. Le densità e le forze gravitazionali esercitate sono ancora più alte di quelle dei buchi neri “classici”. La loro origine non è ancora del tutto chiara, sappiamo solo che si trovano al centro delle galassie più grandi, Via Lattea inclusa. Inoltre, gli scienziati pensano che i buchi neri supermassivi siano nati nei primi istanti delle vite delle galassie. Per questo motivo, quando osserviamo questi oggetti possiamo dire che stiamo osservando la parte più giovane dell’universo.
Ulteriori fenomeni che caratterizzano i buchi neri supermassivi sono i getti. Queste espulsioni di radiazioni e particelle viaggiano quasi alla velocità della luce dal buco nero verso lo spazio aperto. Questi fenomeni rappresentano importanti sorgenti di particelle cariche che si muovono nell’universo, ovvero i “famosi” raggi cosmici. Bisogna sottolineare che la quantità di massa espulsa tramite questi getti è molto più piccola rispetto a quella che viene “assorbita” dal buco nero stesso per via delle sue incredibili forze gravitazionali. Tuttavia, questi getti sono importanti per lo studio scientifico dei buchi neri supermassivi dato che le loro emissioni di Raggi X possono essere rilevate dagli osservatori come Chandra.
Chiusa la parentesi sulla natura dei buchi neri, possiamo parlare della storica osservazione. L’oggetto osservato si chiama PJ352-15, si trova al centro di una giovane galassia ed è nato nelle prime fasi dell’universo a circa un miliardo di anni dal Big Bang. Si tratta di un nucleo galattico un miliardo di volte più massivo del Sole.
Gli astronomi hanno osservato PJ352-15 per un totale di tre giorni utilizzando Chandra per approfondire la fonte di Raggi X. Gli strumenti hanno evidenziato le emissioni a circa 160 mila anni luce di distanza dal nucleo. Per far capire la lunghezza di questi getti, vi basti pensare che la Via Lattea ha un diametro di circa 100 mila anni luce e un anno luce corrisponde a 9 460 730 472 581 km. In passato, getti più corti nelle stesse direzioni erano stati rilevati in onde radio.
Questo evento porta nuovi record nel settore delle osservazioni astronomiche. Innanzitutto, il getto più lungo mai osservato generatosi nelle prime fasi di vita dell’universo si estendeva secondo i nostri strumenti “solamente” per 5 mila anni luce. Si trattava dello stesso getto di cui stiamo parlando ma visualizzato in onde radio. In secondo luogo, questo getto è 300 milioni di anni luce più distante rispetto al getto più lontano mai osservato in precedenza con i Raggi X.
Le emissioni registrate da Chandra sono state prodotte dal getto quando l’universo era molto “giovane” con un’età di circa un miliardo di anni dalla sua nascita, ovvero il Big Bang. Rispetto a questa fase iniziale, oggi il cosmo è circa 10 volte più vecchio. Il nucleo galattico in questione è talmente distante che le sue onde emesse in quel periodo hanno viaggiato distanze lunghissime e solo in questi giorni sono arrivate a colpire la Terra. Per tale motivo, l’analisi di queste radiazioni permette di studiare un universo giovane, passato e distante da noi sia su scala spaziale che su scala temporale.
I Raggi X si sono rivelati uno strumento fondamentale per studiare oggetti celesti così distanti. La via per approfondire questi oggetti misteriosi sarà segnata proprio da questa tecnologia. Inoltre, questa storica osservazione porta con sè importanti risultati che contribuiranno a capire come si sono formati i buchi neri supermassivi nelle fasi iniziali dell’universo.