I Pilastri della Creazione: tra polvere ed embrioni di stelle
1° aprile 1995. Il Telescopio Hubble immortalò alcune delle immagini più spettacolari mai viste da occhio umano; queste, passarono alla storia con il titolo: “The Pillars of Creation”, ossia “I Pilastri della Creazione”. Costellazione del Serpente, zona della Coda (la cosiddetta Serpens Cauda), Nebulosa Aquila: si delineano sull’”occhio” di Hubble tre gigantesche colonne di polvere che avrebbero per sempre cambiato il nostro modo di concepire la nascita delle stelle.
La Nebulosa Aquila non è che un’ampia Regione H II, ossia una nebulosa a emissione, un ammasso di nubi di gas ionizzato che emette luce a diverse frequenze, dovuto alla presenza di stelle molto calde nelle vicinanze, spesso anche molto giovani. In zone di questo tipo sono molto comuni i processi di formazione stellare, dove si originano alcuni dei fenomeni più interessanti per l’astronomia e l’astrofisica.
I pilastri della creazione e le dita dell’Aquila
I Pilastri della Creazione sono tre strutture che richiamano la forma di enormi colonne, create dall’azione del vento solare proveniente dalle stelle giganti nelle vicinanze. Quando si parla di vento solare, si parla di un flusso di gas proveniente dalla parte superiore dell’atmosfera di una stella; si tratta, perciò, di una eiezione di massa che impatta contro la nube di polveri e gas di cui sono formati i pilastri. Gli urti aumentano la pressione e costringono il materiale ionizzato nel verso opposto al vento stesso, che gli conferisce la particolarissima struttura. Si tratta perciò di un sistema estremamente dinamico, con un campo di velocità estremamente difficile da descrivere.
Molta della massa dei Pilastri si concentra in veri e propri nuclei, situati sulle “punte” delle dita, aiutata dalle onde d’urto e dalle compressioni dovute al vento solare; infatti, la pressione interna al nucleo di polvere e gas è decisamente minore di quella che la circonda, causando un vero e proprio fenomeno di collasso all’interno dei Pilastri stessi. Questo fenomeno complesso è simile al modello fisico teorico che descrive la formazione di una protostella, soprattutto dal punto di vista di pressione e temperatura. Dalle osservazioni si notò, però, l’assenza di fonti di radiazione infrarossa o flussi di particolare natura; ciò, portava all’ipotesi che i nuclei fossero negli stadi finali del collasso piuttosto che in quelli iniziali di sviluppo delle protostelle.
L’osservazione svolta dal Chandra X-Ray Observatory ha rivelato la presenza di pochissime sorgenti di Raggi X interna ai Pilastri stessi; ha, però, trovato nelle regioni dei nuclei alcune fonti infrarosse provenienti da protostelle, di cui solo poche sono candidate con una massa abbastanza grande da diventare vere e proprie stelle.
Dove si formano le stelle?
Fattore essenziale per la formazione delle stelle è la presenza del mezzo interstellare: un aggregato di polvere e gas, principalmente idrogeno ed elio (pur essendo possibile trovare tracce di elementi più pesanti provenienti da stelle già formate), che si trova generalmente tra galassie o tra sistemi stellari. Nelle zone dove il mezzo si addensa si formano vere e proprie nubi: le cosiddette nebulose diffuse, facilmente scovabili in galassie a spirale. Più difficile è, invece, trovarle in galassie ellittiche che tendono a non formare questo tipo di nebulose perché tendono a perdere il mezzo interstellare.
Le regioni che raggiungono le condizioni adeguate di temperatura e pressione, nonché quelle dei campi elettromagnetici interni alla nube stessa, con il contributo della turbolenza supersonica, che si suppone possa produrre picchi di pressione indispensabili ad un collasso locale, inducono la formazione di idrogeno molecolare: sono perciò chiamate nubi molecolari.
All’interno di questo tipo di nebulose, laddove le forze gravitazionali diventino sufficienti affinché vi sia un collasso del mezzo interstellare, rompendo quindi l’equilibrio dinamico interno, si formano dei nuclei sempre più densi, finché questi ammassi non diventano sufficientemente compatti per poter diventare protostelle, ossia “embrioni” di stelle. Raggiungere dimensioni e componenti chimici adeguati è indispensabile per innescare il processo di fusione nucleare, che determinerà l’inizio del ciclo vitale di una stella.
A cura di Luigi Marchese.