Fantascienza? Sì, per il livello tecnologico odierno. Da più parti arriva la conferma teorica che è possibile estrarre energia dai buchi neri. Ultimo modello teorico è quello proposto dai due astrofisici: Luca Comisso della Columbia University e Felipe Asenjo dell’Universidad Adolfo Ibáñez del Cile. Cerchiamo di capirne di più su come possa essere possibile accendere una lampadina con un buco nero!
Proprio Luca Comisso, in un articolo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha illustrato le deduzioni al quale è arrivato insieme al collega Felipe Asenjo. Il nostro connazionale vanta una formazione da ingegnere aerospaziale che si è poi evoluta nell’ambito della ricerca sul plasma in ambiente cosmico; oggi ha all’attivo più di 40 pubblicazioni nel settore.
Il primo passo è capire come gli astrofisici descrivono “morfologicamente” un buco nero. Partiamo dal presupposto che la maggior parte dei buchi neri possiedono una velocità di rotazione fornita dalla stessa materia che hanno inglobato. Einstein ci insegna che la presenza di materia genera una variazione dello spaziotempo. La situazione è amplificata nella regione antistante al buco nero che conferisce una vera e propria rotazione sia allo spaziotempo sia alla luce: si tratta dell’ergosfera.
Va immaginata come un ellissoide schiacciato ai poli e molto dilatato all’equatore; racchiude quello che probabilmente è una delle entità più misteriose dell’Universo: il famosissimo orizzonte degli eventi. Cioè, si tratta della zona che preclude ogni possibilità di ritorno: qualsiasi cosa vi entra non può più uscire.
L’ergosfera è la chiave fondamentale del meccanismo: in questa regione limite è concentrata l’energia rotazionale associata al buco nero ed è proprio da questa zona che è possibile estrarre energia. A questo punto comincia il gioco tra i due protagonisti del balletto energetico: il plasma, composto da elettroni e positroni, e il campo magnetico.
I due sono per lo più accoppiati, ci sono zone in cui le linee del campo magnetico divergono inizialmente per poi riconvergere. Così, in corrispondenza di questi punti di congiungimento, avviene il passaggio di energia verso il plasma che in questo modo accelera in due direzioni opposte, metà particelle concordi e metà discordi alla rotazione.
Il plasma che ruota in verso opposto viene ingerito dall’orizzonte degli eventi, quello che segue il verso di rotazione è il netto disponibile per la rotazione. In questo caso può accadere qualcosa che sfida la nostra realtà quotidiana; il plasma che finirà per essere divorato dall’orizzonte degli eventi può avere energia negativa.
“È come se una persona potesse perdere peso mangiando caramelle con calorie negative“
Luca Comisso
Per una questione di bilanciamento il buco nero deve rilasciare energia, portando la variazione totale a 0. In questo modo si potrebbe spiegare il decremento energetico associato ad un buco nero che rilascia energia. É stato dimostrato che utilizzando un approccio classico si può estrarre il 29% dell’energia associata al buco nero.
Passando da un approccio basato sulla fisica classica ad uno quantistico, si può affermare grazie agli studi di Stephen Hawking, che la potenzialità estrattiva aumenta. Infatti, grazie alla presenza della radiazione di Hawking, ossia un’emissione termica propria dei buchi neri dimostrata dall’illustre professore, può incrementare il quantitativo di energia estraibile.
Questo modello ci offre un altro tassello utile per continuare a comprendere meglio le caratteristiche dell’immenso puzzle nel quale viviamo; in questo caso possiamo infatti porre un limite alla velocità di rotazione possibile per un buco nero. Se dovesse esserci un aumento di velocità, questo è limitato dalla conseguente emissione di energia che rallenta il moto.
Lo scienziato tiene a sottolineare, riguardo questa scoperta, il fatto che difficilmente può avere un ritorno nelle nostre vite di tutti i giorni. Pensare ad un’auto alimentata a “buchi neri” è fantascienza, c’è però da dire che queste scoperte possono rappresentare il trampolino di lancio non solo per una teoria del tutto ma anche per nuove tecnologie. Dal chip contenuto nella più semplice calcolatrice, al più moderno satellite in orbita, sono tutte applicazioni tecnologiche nate dalla comprensione di fenomeni fisici che governano l’Universo.