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Lo spazio può essere “green”: il successo della missione GPIM

Si è conclusa con un successo la missione GPIM (Green Propellant Infusion Mission) della NASA partita nel Giugno nel 2019 allo scopo di testare un nuovo propellente “green” per le missioni spaziali.

Lo scopo della missione GPIM era molto semplice: testare le prestazioni di un nuovo propellente spaziale, l’AF-M315E o Advanced Spacecraft Energetic Non-Toxic (ASCENT), creato dalla Air Force Research Laboratory.

Perchè ASCENT e la missione GPIM

Da cosa è nata la necessità di lavorare a questa nuova tipologia di propellente? Lo scopo dell’ASCENT è quello di poter sostituire l’attuale propellente spaziale più utilizzato, l’idrazina (N2H4). Questo composto, infatti, seppur dotato di caratteristiche ottimali per la propulsione orbitale quali un’alta efficienza e una scarsa alterabilità, presenta una forte tossicità che ne ha sempre reso problematico l’uso, la maneggiabilità (l’idrazina infatti richiede particolari attrezzature protettive per poter essere maneggiata durante le fasi di realizzazione del satellite) e soprattutto lo smaltimento.

Come funziona il propellente green

L’ASCENT durante la sua realizzazione in laboratorio. Credits: Aerojet

L’ASCENT, così come l’idrazina, è un monopropellente (cioè una sostanza che può bruciare senza un ossidante) dal caratteristico colore rosa. È la prima volta in 50 anni che la NASA testa un propellente orbitale diverso dall’idrazina e i risultati sembrano essere più che incoraggianti.

I test sono cominciati nel 2019 col lancio del GPIM ad opera del Falcon Heavy di SpaceX e sono proseguiti fino alla fine del 2020 quando la NASA ha annunciato che il rientro in atmosfera del GPIM era avvenuto con successo.

Il GPIM all’interno del Falcon Heavy
Credits: SpaceX

Durante la permanenza in orbita del GPIM sono stati svolte varie prove al fine di determinarne le prestazioni e il corretto funzionamento di tutti si sistemi di bordo che sono stati opportunamente adattati al cambio di propellente grazie al lavoro della Aerojet Rocketdyne. Le prove sono consistite in manovre orbitali pre-programmate, manovre di controllo dell’altitudine e test di accensione e spegnimento dei motori.

Inoltre era necessario valutare le interazioni dei prodotti di scarto della combustione con il resto del satellite o della navicella in cui è iniettato il carburante. L’ASCENT infatti produce acqua a seguito della combustione che può andarsi a depositare sulle superfici esterne e creare problemi al funzionamento di alcuni sistemi come ad esempio quelli di star-tracking.

Alla fine, l’ASCENT ha dimostrato, oltre alla sua già comprovata mancanza di tossicità, delle performace superiori a quelle dell’idrazina del 50%, un dato che corrisponde a quello già ipotizzato prima dei test orbitali.

A seguito del successo dei test svolti in questi mesi, la NASA ha già stabilito che questo carburante verrà utilizzato per alcune delle prossime missioni.

In particolare ASCENT sarà iniettato nei serbatoi del satellite Lunar Flashlight. Questa missione, la cui partenza è prevista nell’ambito della missione Artemis 1 della quale farà parte come payload secondario, avrà il compito di mappare e studiare i poli Lunari attraverso l’utilizzo di un riflettometro a laser. Una missione cruciale all’interno del contesto delle future missioni Artemis che dovrebbero partire nell’arco di questo decennio, e che si pone l’obbiettivo di fornire informazioni più precise sull’ormai comprovata presenza di acqua sulla Luna.

Insomma, grazie ad ASCENT e alla missione GPIM, il futuro dell’esplorazione spaziale può essere più roseo, anzi più green.