Come si muovono i satelliti intorno alla Terra? Partiamo dall’inizio! Le famose tre leggi di Klepero sono state formulate da Johannes von Kepler tra il 1609 e il 1619, partendo da osservazioni astronomiche sui pianeti condotte da Tycho Brahe. La prima legge afferma che i pianeti descrivono traiettorie chiuse intorno al Sole: queste sono delle ellissi e il Sole occupa uno dei due fuochi. La seconda legge riguarda la velocità dei pianeti lungo la loro orbita.
In particolare, il segmento che unisce il Sole ad uno dei pianeti spazza aree uguali in tempi uguali. Ciò implica che la velocità dei corpi non è costante lungo la loro orbita, ma aumenta quando ci si trova vicino al Sole e diminuisce altrimenti. Infine, la terza legge di Keplero lega in proporzione la dimensione dell’orbita (attraverso il cubo del semiasse maggiore dell’ellisse) al quadrato del periodo di rivoluzione. In altre parole, più l’orbita è grande, più naturalmente il periodo di rivoluzione cresce.
Sarà poi Isaac Newton a motivare matematicamente le leggi di Keplero attraverso l’introduzione della forza gravitazionale e lo studio delle soluzioni della seconda equazione del moto (forza uguale massa per accelerazione). Keplero formulò le tre leggi per il moto dei pianeti intorno al Sole. Queste però valgono per una coppia di corpi: la Terra rispetto al Sole, la Luna rispetto alla Terra, o satelliti artificiali rispetto alla Terra. Sfruttando quindi le leggi di Keplero e la dinamica di Newton è possibile costruire orbite per osservare la Terra o lo spazio profondo, per posizionare satelliti nello spazio e condurre esperimenti scientifici.
Le orbite terrestri possono essere classificate in base alla distanza dalla superficie del pianeta. Le orbite su cui si muovono i satelliti introno alla Terra possono essere:
Un’orbita si dirà bassa (o LEO, dall’inglese Low Earth Orbit) se è confinata tra i 200 e i 600 km di quota. Il limite inferiore dipende principalmente dalla resistenza di atmosfera residua, che influenza il moto del satellite facendogli progressivamente perdere quota. Per esempio, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS, dall’inglese International Space Station) si trova a circa 404 km di quota.
Il limite superiore di 600 km dipende principalmente dalle fasce di radiazione di Van Allen, che possono danneggiare le celle solari e l’elettronica di bordo. Come conseguenza, le orbite basse sono tendenzialmente circolari, in quanto l’eccentricità è confinata sotto il valore di 0.03. Le orbite LEO assicurano quindi voli spaziali sicuri (rispetto al pericolo delle radiazioni) e spesso sono usate come orbite di parcheggio per sonde interplanetarie, prima di essere lanciate nel loro viaggio oltre la gravità terrestre. In aggiunta, le LEO sono usate per osservazione delle Terra, in quanto permettono alte risoluzioni pagando però una limitata estensione visiva.
Un’orbita si dirà alta (o HEO, da High Earth Orbit) se si estende oltre i 10000 km di quota. A queste quote, la resistenza atmosferica è assente, le radiazioni sono poche e gran parte della Terra è visibile. Queste però non sono usate per osservazione terrestre, in quanto a quote elevate la risoluzione soffre, ma per le telecomunicazioni. La alta visibilità infatti permette di avere antenne al suolo (anche molto distanti tra loro) in costante comunicazione con il satellite, che resta per molto tempo nella stessa porzione di cielo, facilitando quindi il puntamento.
Tra le LEO e le HEO si trovano le cosiddette orbite medie (o MEO, da Medium Earth Orbit), una sorta di compromesso che permette una adeguata risoluzione e limitata potenza richiesta per le trasmissioni a terra, mantenendo comunque un’ampia visibilità.
Tra i casi più importanti di orbite ‘speciali’ su cui si muovono i satelliti intorno alla Terra, vogliamo ricordare due esempi:
Le SSO sono orbite LEO che sfruttano una particolare perturbazione orbitale: lo schiacciamento polare della Terra. La Terra non è una sfera perfetta, e la sua massa non è uniformemente distribuita. Pertanto, il campo gravitazionale che genera non è simmetrico. Le orbite, quindi, non saranno esattamente quelle descritte dalle coniche kepleriane, ma risulteranno leggermente perturbate. Per le LEO, una delle perturbazioni gravitazionali principali è lo schiacciamento polare. Si può dimostrare che questa deformazione fa in modo che il piano dell’orbita ruoti.
Questo effetto può sembrare fastidioso, in quanto il satellite, dopo un periodo completo, non si troverà nello stesso punto di partenza, ma leggermente spostato. Eppure, le orbite SSO sfruttano questo meccanismo per far sì che il piano orbitale ruoti con lo stesso periodo con cui la Terra ruota rispetto al Sole. In questo modo, si possono costruire orbite per cui il satellite ha almeno una faccia sempre al Sole, e quindi orientare i pannelli solari di conseguenza. Inoltre, le SSO garantiscono sorvoli sullo stesso punto a terra alla stessa ora locale. Per assicurare ciò, le SSO sono fortemente inclinate (da 94 a 98 gradi) e hanno una quota di circa 500 km. Sono pertanto molto utili per l’osservazione terrestre.
Le GEO, invece, si trovano ad una quota di circa 36000 km, e hanno un periodo di rivoluzione pari ad un giorno terrestre. In questo modo, essendo anche circolari ed equatoriali, la loro posizione nel cielo rimane fissa, permettendo quindi trasmissioni continue. Da questa posizione, il satellite copre circa metà del pianeta e tre satelliti, sfasati di circa 120 gradi l’uno rispetto all’altro, riescono a coprire tutta la Terra, tranne che per una piccola regione ad alte latitudini, e a rimanere in costante comunicazione tra loro. I satelliti di telecomunicazioni occupano generalmente queste orbite.
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A cura di Andrea Bellome