Nel campo aerospaziale, si sente parlare spesso delle missioni Artemis che si propongono di riportare l’uomo sulla Luna, questa volta per rimanervi. Il veicolo che porterà gli astronauti sulla superficie del nostro satellite sarà l’Orion, costituito da due moduli: un modulo per l’equipaggio, Crew Module (CM), costruito dalla Lockheed Martin e un modulo di servizio, European Service Module (SM), per il sistema propulsivo e i rifornimenti di bordo.
Sarà proprio il Service Module il contributo europeo alla missione; infatti, l’ESA è incaricata per la progettazione e costruzione del modulo di servizio che, quindi, prende il nome di European Service Module (ESM). Il MS è pensato per contenere i serbatoi di LOX, che forniscono aria respirabile all’equipaggio, le cartucce di idrossido di litio, che riciclano l’aria esausta, e infine i serbatoi d’acqua potabile.
Inizialmente, il modulo di servizio doveva essere costruito in America e il progetto iniziale prevedeva una struttura cilindrica con due pannelli solari circolari e un motore a razzo bi-propellente con 33 kN di spinta, progettato da Aerojet. Nel 2009, però, una revisione del programma rilevò un ritardo notevole nella progettazione e anche un problema di finanziamenti, così il programma fu congelato.
Nel 2012, l’ESA fu incaricata della costruzione dei moduli di servizio da impiegare nelle missioni Artemis 1 e Artemis 2; più tardi, nel 2019, l’ESA fu responsabile anche dei moduli di Artemis 3 e 4. Tutti e quattro i moduli dovranno derivare dal progetto dell’ATV, un veicolo di trasferimento ideato dall’ESA stessa, per minimizzare i rischi ed i costi.
Riguardo le missioni, Artemis 1 sarà il secondo volo di collaudo senza equipaggio ed è programmato per il 2021; mentre, Artemis 2, programmato per il 2023, sarà il primo volo dell’Orion con equipaggio ma si limiterà a sorvolare la Luna per poi rientrare. Infine, Artemis 3 sarà il secondo volo con equipaggio che ci porterà ancora una volta sulla superficie lunare.
L’European Module Service è pensato per fornire elettricità, acqua, ossigeno e azoto a un equipaggio di 4 persone per 20 giorni nello spazio; con radiatori e scambiatori mantiene la giusta temperatura all’interno, per un payload totale di 380 kg. Ha una struttura cilindrica in lega di alluminio e litio Al-Li, alta 4 m e di circa 5 m di diametro; una volta in atmosfera, il sistema di pannelli solari si apre per un’estensione di 19 m.
I pannelli, progettati dalla Airbus, presentano quattro ali larghe 2m e lunghe 7m, con disposizione a X, e producono fino a 11kW di energia. Il primo stadio è composto da un motore AJ10-190 dello Space Shuttle Orbital Maneuvering System con una spinta di 26.6 kN. Il secondo stadio da 8 Aerojet R-4D-11 Auxiliary Thrusters con una spinta totale di 3.92 kN; per le manovre si usano 24 Airbus Reaction Control System Engines da 220 N di spinta l’uno. I propellenti utilizzati sono ossidi di azoto (NOX) e monometilidrazina (MMH).
Nel settembre 2015, Thales Alenia Space ha firmato un contratto con Airbus Defence and Space per sviluppare e produrre sistemi termomeccanici come, la protezione della struttura, il controllo termico e lo stoccaggio e la distribuzione dei materiali di consumo; invece, la Lockheed Martin si occupa della costruzione dei due adattatori necessari per collegare i due moduli e dei tre pannelli di protezione, sganciati dopo il lancio. La struttura viene assemblata da Airbus Defence and Space, in Germania, e poi, dopo alcuni test preliminari effettuati da Thales Alenia Space a Torino, viene sottoposta a rigorosi test vibrazionali dalla NASA alla Plum Brook Station, raccogliendo e analizzando dati di circa 1000 sensori.
Ultimamente, l’European Service Module ha ultimato i controlli al terzo modello: questo avrà una struttura ottimizzata per aumentare le prestazioni e la sicurezza; sarà più leggero dei due precedenti e ciò permetterà alla navicella Orion di compiere più lanci con la stessa quantità di carburante nello stesso arco di tempo.
I 24 propulsori di controllo dell’assetto saranno collocati in una disposizione leggermente diversa, così d’aumentare la manovrabilità della navicella e consentirle di trasportare ulteriori carichi utili. Anche l’attuatore che guida il motore principale di Orion sarà aggiornato, modificando l’hardware dello Space Shuttle usato per i primi due moduli di servizio europei; ultimo, ma non meno importante, le valvole del sistema di propulsione sono più robuste e tolleranti ai guasti per una maggiore sicurezza.
Le missioni di cui farà parte l’ESM ha come obiettivo la Luna, raggiunta per la prima volta nel 1969, nell’ambito delle missioni Apollo. Paragonando i due moduli di servizio possiamo notare quanto la tecnologia sia progredita da allora. Il modulo di servizio europeo genera circa il doppio di elettricità rispetto a quello americano delle Apollo (11,2 kW contro 6,3 kW), pesa quasi il 40% in meno quando è completamente rifornito (15.461 kg vs 24.520 kg), è più o meno della stessa dimensione e trasporterà il 50% in meno di propellente per le manovre orbitali.
L’ESM, inoltre, sarà in grado di supportare un equipaggio di quattro persone per 21 giorni contro i 14 giorni di resistenza per l’Apollo. Tutti questi miglioramenti e progressi tecnici e ingegneristici, contribuiscono a una sempre più profonda analisi dello spazio, uno sviluppo reso possibile dalla collaborazione tra ben 11 Paesi europei. Il ritorno sulla Luna sembra davvero imminente, non vediamo l’ora di rivedere il prossimo “Grande Passo per l’umanità”.
A cura di Andrea Baglieri.