Progetto SETI: risposta all’eterna domanda, siamo soli nell’Universo?
“Extraterrestre portami via” così cantava per la prima volta nel 1978 Eugenio Finardi. Siamo negli anni in cui il progetto SETI muoveva i suoi primi passi. Alcuni scienziati cominciarono a porsi la fatidica domanda: siamo soli nell’universo?
Cos’è il progetto SETI?
Il progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è nato ufficialmente il 1° Febbraio 1985. Punto di arrivo di varie ricerche e studi volti a cercare la vita nell’universo. Tra i vari scienziati fondatori vanno citati quelli che sono probabilmente i più famosi esponenti: Frank Drake e Carl Sagan, due astronomi americani. La ricerca avviene attraverso dei radiotelescopi, ossia delle antenne Gregoriane (simili a quelle paraboliche) che raccolgono i segnali radio provenienti dallo spazio.
I segnali vengono convogliati e analizzati per ricercare eventuali trasmissioni provenienti da una fonte non naturale. Il progetto, chiamato ATA (Allen Telescope Array), utilizza oggi circa 350 antenne del diametro di 6 metri costruite presso il Radio Osservatorio di Hat Creek in California. Il loro numero elevato comporta due vantaggi; da un lato si possono scandagliare porzioni maggiori di cielo, dall’altro si può indagare una porzione ristretta sfruttando una sensibilità ad un più ampio spettro di frequenze.
Qualche calcolo “universale”
Probabilmente qualche lettore avrà già sentito nominare uno dei due fondatori che ha formulato l’espressione nota come equazione di Drake. Si tratta sostanzialmente di un’equazione che stima il numero di civiltà nella Via Lattea. I vari termini che la compongono sono dei valori che indicano la probabilità che una determinata condizione necessaria allo sviluppo della vita si verifichi. Inizialmente Drake aveva ottenuto un valore intorno alla decina, ossia secondo la sua ricerca ci sarebbero circa 10 pianeti abitati.
Nel corso degli anni vari studiosi hanno dibattuto sui vari numeri da inserire nell’equazione, ottenendo risultati estremamente distanti, da svariate migliaia di civiltà per coloro più inclini all’esistenza di ET a valori che tendono allo zero per gli altri. Anche il nostro illustre connazionale Enrico Fermi si è occupato della questione formulando l’omonimo paradosso. “Se veramente esistono forme di vita extraterrestri dove sono e perché non se ne hanno tracce? Il SETI cerca di rispondere a questa domanda.”
I risultati della ricerca del Progetto SETI
Nel 1974 si è addirittura inviato un messaggio radio verso l’universo aperto grazie al radiotelescopio di Arecibo per fornire a un ipotetico ricevente le informazioni principali riguardanti l’uomo. Rappresenta il Sistema Solare, informazioni sulla biochimica del DNA, la conformazione fisica ecc.
Clamore mediatico suscitò nel 1977 la ricezione di un segnale di 72 secondi passato alla storia come messaggio “WOW!”. Intercettato dal radiotelescopio Big Ear, fu chiamato così perché le immagini lo ritraggono cerchiato con la penna rossa dall’astronomo ed epitetato accanto proprio con l’onomatopeica. Successivamente si è data una spiegazione naturale del fenomeno, convalidata anche da successive osservazioni che non hanno riconfermato la rilevazione.
Ma c’è veramente vita nell’Universo?
Secondo il compianto Stephen Hawking è molto probabile ci siano civiltà aliene nelle sconfinate vastità spaziali. Lo scienziato insisteva sul fatto che non sarebbe una cosa intelligente scandagliare lo spazio per cercarle visto che probabilmente saranno estremamente più progredite rispetto a noi. Come ci insegna la natura ( e parecchia filmografia), le conseguenze sono spesso nefaste a svantaggio del più “debole”.
Usando la scala di Kardašëv, la civiltà della Terra non raggiunge nemmeno il valore I, indicante il pieno utilizzo e controllo dell’energia disponibile sul pianeta. Probabili civiltà aliene potrebbero raggiungere i livelli II e III, ossia capaci di sfruttare l’energia del loro sistema stellare e della loro galassia.
Ancora siamo molto lontani alla risposta alla fatidica domanda: siamo soli nell’Universo? Il dibattito e le ricerche continuano ancora nei nostri giorni. Probabilmente, la risposta a questo quesito cela la volontà dell’uomo di conoscere sempre di più ciò che lo circonda, capire il contesto nel quale è inserito, sino ad arrivare alle domande più esistenziali provenienti dal profondo dell’animo.