Negli scorsi articoli di questa piccola ‘rubrica’ di astrodinamica, abbiamo parlato della missione JUICE, del suo tour delle lune e della manovra di fionda gravitazionale, che permette di aumentare o diminuire l’energia di una sonda nel suo viaggio interplanetario, senza uso di propellente. In questo articolo consideriamo invece un tipo particolare di orbite che si possono occupare per osservare porzioni di spazio altrimenti difficili da esplorare. Parliamo cioè dei punti Lagrangiani, il problema dei tre corpi e di orbite quasi-stabili intorno ad essi.
Il moto di un satellite vicino alla Terra è governato principalmente dalla gravità del nostro pianeta, che ne piega la traiettoria. Il satellite può trovarsi su un’orbita chiusa (circolare o ellittica), nel caso di un moto confinato intorno alla Terra, oppure su una traiettoria aperta (parabola o iperbole), nel caso di un lancio per sfuggire alla gravità terrestre in viaggio verso un altro pianeta.
Eppure, la gravità della Terra non è l’unica forza che agisce sul satellite. Ad esempio, se l’orbita è bassa, l’alta atmosfera può agire sul moto influenzandone l’evoluzione. Inoltre, la Terra non produce un campo gravitazionale uniforme, ma variabile nello spazio. A più alte quote, per di più, la gravità di altri corpi celesti vicini (come la Luna), o molto grandi (come il Sole) si somma a quella della Terra, condizionando a sua volta il moto del satellite.
Immaginiamo di poter trascurare per un attimo la presenza della Luna, e di porci sufficientemente distanti dalla Terra da non risentire della presenza dell’atmosfera o delle irregolarità del campo gravitazionale. Il nostro spazio è quindi governato dalla gravità della Terra e del Sole. In questo caso si parla del problema dei tre corpi: due ‘primari’ (la Terra e il Sole), il cui campo gravitazionale governa lo spazio, e un ‘secondario’ (il satellite), talmente piccolo rispetto agli altri due da non influire sul campo.
La gravità che si esercita tra due corpi qualsiasi nello spazio, secondo la legge di gravitazione di Newton, è una forza tanto più grande quanto più grande è la massa dei corpi stessi, e tanto più piccola quanto più lontani i corpi si trovano. Pertanto, un satellite posto nel campo Sole-Terra sarà attratto più dal Sole o dalla Terra quanto più si troverà vicino o lontano da uno dei due. È quindi lecito aspettarsi che esistano dei punti speciali dello spazio in cui il satellite sente di essere attratto dal Sole tanto quanto è attratto dalla Terra, ovvero è in equilibrio rispetto a questi due corpi.
Ebbene, questi punti di equilibrio prendono il nome di punti Lagrangiani (da Lagrange, il matematico che ne ha studiato le proprietà). Nel problema dei tre corpi, i punti Lagrangiani sono cinque, e vengono indicati come L1, L2, L3, L4 ed L5 (come in Figura 1). In altre parole, un satellite posto a velocità nulla in un punto lagrangiano, vi rimarrà.
Questo discorso vale per qualsiasi coppia di primari scelta: abbiamo visto il caso della Terra e del Sole, ma lo stesso accade nel caso si scelgano la Terra e la Luna. Come anticipato, lo spazio è governato da un insieme di forze più complesso della gravità di due soli corpi. Eppure, le altre forze in gioco sono in genere piccole, e possono essere trattate come un ‘disturbo’ nel moto del satellite. Pertanto, per mantenere il satellite nei pressi di un punto lagrangiano servirà un po’ di propellente per compensare queste forze di disturbo.
I punti lagrangiani sono quindi molto utili per l’esplorazione spaziale, in quanto è possibile mandare una sonda nelle loro prossimità e mantenerla lì con una spesa di propellente abbastanza ridotta. Inoltre, è possibile dimostrare che esistono famiglie di orbite chiuse centrate nei punti lagrangiani. Sono le cosiddette orbite di Lyapunov e orbite Halo.
Queste orbite sono descritte nel problema dei tre corpi attraverso simulazioni numeriche considerando piccole variazioni (nello spazio) rispetto ai punti lagrangiani. Queste sono però instabili, pertanto una sonda deve compensare le instabilità con del propellente (in genere molto poco). Le instabilità dipendono da molti fattori, quali la presenza di altri corpi celesti che alterano il campo gravitazionale, pressioni di radiazione provenienti dal Sole, dalla Terra o dalla Luna, o anche piccoli errori nell’immissione in orbita. Le orbite di Lyapunov e Halo sono molto utili quando si disegna una missione interplanetaria.
La sonda SOHO (Solar and Heliospheric Observatory) lanciata nel 1995, ad esempio, si è posizionata in un’orbita Halo intorno al punto L1 del sistema Sole-Terra, a circa 1.5 milioni di chilometri dalla Terra. SOHO ha come obiettivi lo studio della dinamica solare (in particolare del vento solare) da una posizione altamente privilegiata in quanto:
I telescopi spaziali James Webb (NASA) e ARIEL (ESA), invece, hanno come target orbite intorno al punto L2 (sempre nel sistema Sole-Terra). Scopo delle missioni è studiare la struttura dell’universo, l’origine e l’evoluzione delle galassie e la formazione di stelle e pianeti (James Webb), ed esopianeti (ARIEL). Orbite intorno a L2 sono quindi ideali per osservare lo spazio in maniera costante, senza periodi di eclisse che impedirebbero le fasi scientifiche della missione. Inoltre, le comunicazioni a Terra sono agevoli, in quanto le sonde si troveranno sempre in comunicazione con il Deep Space Network (DSN), dal lato in ombra della Terra. In questo video si può apprezzare una simulazione della traiettoria di James Webb:
Orbite intorno a punti lagrangiani possono essere usate anche come punti di partenza a basso costo di propellente per missioni interplanetarie. È questo il caso di Comet Interceptor (ESA), che verrà lanciata insieme ad ARIEL nel 2028 verso la stessa orbita intorno a L2. Da qui poi la sonda effettuerà una manovra per lasciare l’orbita e incontrare una cometa ‘dinamicamente nuova’, ovvero mai osservata prima, proveniente dalla Nube di Oort.
A cura di Andrea Bellome