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L’urto di Philae sulla cometa 67P rivela un soffice nucleo di ghiaccio

Il 12 novembre 2014 il lander Philae ha raggiunto la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko; il suo atterraggio è passato alla storia come primo “atterraggio soffice” su una cometa. Ora, a distanza di sei anni, abbiamo i risultati ottenuti dall’analisi dei dati raccolti. Lo studio, pubblicato su Nature, rivela la presenza di ghiaccio nel punto dove la cometa è stata intaccata durante l’atterraggio di Philae. Questo risulta soffice come neve fresca e apre nuove prospettive per le future missioni spaziali.

Il lander Philae

Philae è un lander trasportato dalla sonda spaziale Rosetta e appartenente all’omonima missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Lo scopo della missione Rosetta era quello di raggiungere e atterrare sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, analizzandone la superficie e conducendo diversi esperimenti per poi trasmettere i risultati ottenuti alla Terra. Dopo dieci anni di volo, l’atterraggio è avvenuto il 12 novembre 2014. Poiché la velocità di fuga dal nucleo della cometa è di soli 0,46 m/s, nelle gambe della sonda erano presenti degli ammortizzatori. Questi avrebbero dovuto impedire eventuali rimbalzi durante l’atterraggio, per evitare che il lander finisse disperso nello spazio.

Philae cometa nucleo ghiaccio
Credits: ESA

La lenta discesa di Philae verso la superficie della cometa avvenne in caduta libera alla velocità di 1 m/s. Il contatto con la superficie fu più morbido rispetto alle previsioni fatte precedentemente e, per questo motivo, ottenne il nome di primo “atterraggio soffice” su una cometa. Gli arpioni e il razzo posteriore non funzionarono correttamente e causarono due rimbalzi del lander. Prima di stabilizzarsi Philae toccò tre volte il suolo e non si posizionò nel punto prestabilito. A causa della posizione non ottimale per la ricarica delle batterie attraverso la luce solare, il lander Philae ebbe vita breve: esaurì tutta l’energia dopo due giorni. Nonostante questo, prima di spegnersi definitivamente, è stato possibile ottenere tutti i dati raccolti durante la prima sequenza scientifica ed è stata effettuata la prima trasmissione radar attraverso un nucleo cometario.

La cometa 67P e la scoperta del nucleo di ghiaccio

La cometa 67P/ Churyumov-Gerasimenko probabilmente si è formata dalla collisione tra due cumuli di materiale, come suggerisce la sua sagoma formata da due sferoidi attaccati. Dai dati a nostra disposizione sembra che sia in grado di sopportare strutture di grandi dimensioni e le zone piatte del suo nucleo sono le più sicure per quanto riguarda l’atterraggio dei veicoli spaziali. Nonostante questo, resta il rischio che siano coperte da laghi. Poiché il lander Philae è atterratto sulla cometa rimbalzando due volte, la sua superficie è stata intaccata in alcuni punti lasciando dei segni che hanno dato alla regione il nome di “cima del teschio”.

Philae cometa nucleo ghiaccio
Credits: ESA

Laurence O’Rourke ha guidato lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, basandosi sui dati forniti dagli strumenti a bordo di Rosetta e dal magnetometro di Philae. Dallo studio è emerso che durante il primo rimbalzo si è formata un’ammaccatura profonda 25 cm in un masso di ghiaccio. Inoltre, l’area colpita risulta molto più luminosa del materiale circostante. Questo lascia ipotizzare il passaggio di Philae attraverso uno strato esterno più scuro che ha esposto il materiale del nucleo. La resistenza alla compressione stimata risulta inferiore a 12 Pa. Questo valore simile a quello della neve fresca e suggerisce il fatto che l’interno della cometa sia estremamente poroso. Da questo si deduce che i materiali da cui sono composte le comete possono essere morbidi e friabili, considerandoli durante l’impatto con i veicoli spaziali.

La presenza di ghiaccio apre prospettive molto interessanti per le future missioni spaziali. Le comete, infatti, potrebbero essere utilizzate per raccogliere materiale che poi verrebbe studiato sulla Terra. Inoltre, il fatto che il nucleo risulti così morbido è un’informazione di notevole importanza per la progettazione dei futuri meccanismi di atterraggio e per lo studio dei processi meccanici con cui raccogliere i campioni da analizzare.