Paul Sutter è un astrofisico presso la State University di New York ed il Flatiron Institute, coprendo ambiti di ricerca che spaziano dall’astrofisica ai metodi computazionali avanzati. Recentemente lo scienziato ha tenuto un’intervista presso una emittente radiofonica, nella quale discute circa le possibili spiegazioni alla base della singolarità al centro del buco nero. La singolarità all’interno di un buco nero è probabilmente l’ultimo luogo in cui vorrebbe trovarsi un essere umano. Si tratta di un luogo del cosmo in cui la materia è compressa infinitamente in un punto minuscolo, rendendo così prive di significato le concezioni di spazio e tempo. Dunque, gli scienziati da anni cercano di attribuire un nome ed un’entità alla cosiddetta singolarità, tuttavia oggi non vi sono ancora certezze. Scopriamo insieme le teorie riguardanti stelle di Planck, Gravastar e buchi neri rotanti.
Una prima possibile spiegazione si propone di non pensare ad un punto infinitamente piccolo in cui si concentra la materia. L’interno di un buco nero potrebbe essere infatti abbastanza profondo, al punto tale da ottenere la più piccola configurazione di materia, totalmente concentrata in un piccolo volume, non infinitamente minuscolo. Tale teoria prende il nome di stella di Planck, essa è teoricamente giustificata dalla gravità quantistica ad anello. Nel mondo della “loop quantum gravity” spazio e tempo sono definiti mediante il concetto di quantizzazione. Dunque, l’interno universo che ci circonda è costituito da piccoli componenti discreti. Tuttavia, tali piccoli pezzi si sviluppano su una scala talmente piccoli da non poter essere riconosciuti, rendendo la nostra realtà a tutti gli effetti continua.
Questa teoria affascinante porta con sé due caratteristiche altrettanto strepitose. Uno, porta a compimento il grande lavoro svolto intorno alla meccanica quantistica. Ovvero, permette alla stessa di dare una spiegazione generale alla gravità. Due, rende impossibile la formazione di singolarità all’interno dei buchi neri. Stando alla teoria delle Planck stars, nel momento in cui si verifica il collasso di una stella, la materia si comprime andando a generare delle sfere dalle dimensioni di circa 10^-35 metri. Questa precisa dimensione è determinata dalla lunghezza di Planck, la quale in tal caso agisce come limite inferiore nel processo di discretizzazione dello spazio – tempo. Otteniamo così qualcosa di microscopico, ma non infinitamente piccolo.
In altri termini, in questo caso la compressione della materia è ostacolata da una certa resistenza. Proprio tale resistenza non permette il collasso totale della materia, rendendo il buco nero un oggetto esclusivamente temporaneo. Tuttavia, a causa degli effetti di dilatazione temporale estremi che si verificano attorno ai buchi neri, dalla nostra umile prospettiva potrebbero essere necessari miliardi di anni prima che questi esplodano.
Altro tentativo di dare una forma specifica alla singolarità è quello dato dalla teoria del Gravastar. Si tratta di un concetto teorico talmente complesso che potrebbe essere tranquillamente l’oggetto del prossimo film di Christopher Nolan. La differenza principale tra buco nero classico e Gravastar sta nel fatto che al loro interno troviamo rispettivamente singolarità ed energia oscura. L’energia oscura è una tipologia di energia in grado di permeare lo spazio – tempo, determinando l’espansione dello stesso. Potrebbe sembrare fantascienza, tuttavia oggi si stima che l’energia oscura costituisce circa il 70% del sistema massa – energia dell’intero cosmo, contribuendo all’accelerazione dell’espansione dell’universo.
Nello specifico, secondo la teoria quando la materia viene attirata dal Gravastar, non è in grado di penetrare l’orizzonte degli eventi a causa dell’elevata concentrazione di energia oscura. Ciò permette alla materia di disporsi sulla superficie esterna del buco nero, rendendo il suo comportamento non differente da quello descritto dalla teoria della singolarità. Nonostante la teoria sia molto interessante, recenti osservazioni circa la fusione di buchi neri, mediante rilevazione di onde gravitazionali (per mezzo di strumenti quali LIGO e VIRGO), hanno potenzialmente escluso l’esistenza di Gravastar.
Abbiamo appena affrontato le teorie affascinanti riguardanti stelle di Planck e Gravastar. Tuttavia, bisogna specificare che la loro esistenza è esclusivamente teorica, non scientificamente provata. Pertanto, possiamo forse guardare ad una possibile spiegazione della singolarità che sia più realistica e familiare.
L’idea di un piccolo punto di densità infinita deriva dalla nostra concezione dei buchi neri stazionari, non rotanti e privi di carica. Ad esempio, se pensiamo ai buchi neri rotanti, otteniamo che la singolarità viene stirata in un anello. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, una volta che passi attraverso la singolarità dell’anello, entri in un wormhole ed esci da un cosidetto buco bianco (l’opposto polare di un buco nero , dove nulla può entrare e la materia fuoriesce alla velocità della luce) in un luogo dell’universo completamente nuovo e sconosciuto.
La regone interna dei buchi neri rotanti è catastroficamente instabile. La singolarità, tesa in un anello, ruota a un ritmo così elevato da avere un’incredibile forza centrifuga. E nella relatività generale, forze centrifughe abbastanza forti agiscono come antigravità, dunque come fonte di repulsione. Questo crea un confine caratteristico all’interno del buco nero rotante, chiamato orizzonte interno. Guardando all’esterno di tale orizzonte, abbiamo che la radiazione cade verso la singolarità a causa dell’attrazione gravitazionale, mentre guardando all’interno abbiamo che la radiazione viene spinta dall’antigravità proprio verso l’orizzonte. Insomma, se mai dovesse capitarvi di passeggiare vicino ad un orizzonte interno, avreste l’occasione di osservare un infinità di radiazioni energetiche. L’intera storia passata dell’universo riprodotta dinanzi a voi in meno di un battito di ciglia.
Ci sono tante ipotesi circa la spiegazione della singolarità del buco nero, una più affascinante dell’altra. Tuttavia, oggi non sappiamo cosa sta realmente accadendo all’interno di un buco nero. Non lo sappiamo, e la parte spaventosa è che forse non lo sapremo mai.