Quasi ogni bambino sogna di viaggiare ed esplorare lo spazio, osservare mondi nuovi e i corpi celesti lontani. La tenace e inarrestabile curiosità dell’uomo ha permesso di esplorare, sia di persona sia attraverso sonde e satelliti, la porzione di spazio a noi più vicina. Se da un lato la fantasia si fonde con i sogni, dall’altro emerge la dura realtà: lo spazio non è certamente l’ambiente più ospitale con cui interagire. Immaginiamo di compiere un viaggio interstellare, quali sono i problemi e gli accorgimenti per consentire, ipoteticamente, un viaggio interplanetario?
La prima fase del viaggio consiste nella partenza. Sarà quindi necessario utilizzare un lanciatore, cioè un razzo che riesce ad accelerare lo spacecraft in modo da permettergli di sfuggire alla gravità e rimanere così in orbita. Subentrano i primi problemi legati ai violenti shock che lo spacecraft subisce a causa di accensioni e distaccamenti dei vari stadi. Altra incognita è rappresentata dalla gestione del calore immagazzinato grazie all’attrito con l’atmosfera. Questa può compromettere seriamente strutture e sistemi, per cui va opportunamente controllato e smaltito.
Superati i 100 km di quota l’ambiente comincia a mutare radicalmente. Spesso viene definito un ambiente vuoto ma l’espressione non è corretta. Sono infatti presenti particelle che a vario titolo influiscono sullo spacecraft. Dai detriti di origine artificiale, ai meteoroidi naturali, l’effetto del loro impatto potrebbe essere disastroso. Benché piccoli, le loro velocità dell’ordine dei km/s possono essere catastrofiche per la struttura. Dovremmo perciò essere dei bravi piloti, o avere un sistema di guida efficace, per evitare queste contingenze.
Ciò che non possiamo evitare sono le particelle caricate energeticamente. Queste sono di origine solare o i raggi cosmici provenienti da sorgenti esterne al nostro sistema stellare. Questi possono intaccare le funzionalità della strumentazione, dal portare ad una semplice interruzione momentanea del funzionamento (bitflip) oppure a un burnout che mette fuori gioco la parte interessata, privandoci anche di sistemi vitali. In questo caso possono essere utili schermature sacrificali ed evitare zone con particolari concentrazioni. Infine, il plasma composto da particelle più deboli delle precedenti influisce sull’equilibrio elettrico della struttura, mentre le radiazioni nelle varie lunghezze d’onda possono interferire sia sugli apparati di comunicazione sia sulle molecole biologiche.
Dopo i problemi di un viaggio interplanetario arrivano quelli della permanenza nello spazio. Gli esseri umani hanno bisogno di determinate condizioni per sopravvivere in aggiunta ai bisogni primari, imprescindibili, come la nutrizione. Temperatura, umidità e ossigeno devono avere valori compresi in range ben definiti. Ciò presuppone un controllo ambientale continuo al quale devono essere garantite risorse da cui attingere come energia elettrica e riserve di ossigeno.
Un enorme ostacolo è rappresentato dalla presenza di microgravità che si è dimostrata essere molto influente sulla salute. Il corpo si disidratata poiché i reni tendono a smaltire più fluido a causa di una pressione interna più uniforme. Anche le funzioni vestibolari vengono inizialmente compromesse perché l’equilibrio è “settato” per un ambiente a 1g. Infine, vi è una conseguenza diretta sull’apparato locomotore: ossa e muscoli diventano più deboli. I primi, non sollecitati, perdono il loro tono, mentre è stato calcolato che la densità ossea cala dell’1-2% ogni mese di esposizione. La sindrome è nota come SAS (sindrome da adattamento spaziale) e può comportare vomito, cefalea, mancanza appetito. Purtroppo, la soluzione consisterebbe nell’implementare la gravità tramite mezzi artificiali, tecnologia ancora futuristica. Oggi si ovvia attraverso accorgimenti e allenamento dedicato (per missioni dell’ordine di mesi).
Altra nota dolente che comprometterà il nostro viaggio è la radiazione assorbita dal nostro corpo. Per un viaggio simile supera i 1000 mSv (immaginando di raggiungere Marte), valore di tre ordini di grandezza maggiore rispetto a quello assorbito sulla Terra. Per ultimo, ma non da trascurare, è il fattore psicologico. Intraprendere un viaggio interstellare lungo anni può facilmente nuocere alla salute psichica dell’equipaggio. Costretto a vivere in un ambiente chiuso e isolato, sono soggetti a probabili episodi di depressione e tensione verso i compagni.
Probabilmente entro metà secolo il primo uomo sbarcherà su Marte, allargando, seppur di poco, i nostri confini. L’impresa risulta essere titanica e caratterizzata da problemi di difficile soluzione, tra i quali quelli descritti in precedenza. Nonostante ciò siamo ancora lontani da intraprendere viaggi interstellari. Possiamo solo prevedere, in base all’esperienza accumulata da meno di un secolo nel settore, come sarà la nuova frontiera dell’esplorazione spaziale e studiare sempre più soluzioni innovative atte a colmare l’infinita sete di conoscenza dell’uomo.
Articolo a cura di Davide De Iuliis