Il Nobel per la Fisica 2020, per aver contribuito allo studio dei buchi neri, è stato assegnato per metà a Roger Penrose e per l’altra metà a Reinhard Genzel e Andrea Ghez. L’annuncio è stato fatto dall’Accademia delle Scienze svedese, premiando “la scoperta degli oggetti più oscuri e misteriosi dell’Universo: i buchi neri”. I tre studiosi che si sono divisi il premio, infatti, hanno dato un contributo fondamentale per le scoperte riguardanti i buchi neri.
Come annunciato dall’Accademia delle Scienze svedese, il premio Nobel per la Fisica 2020 è stato diviso tra Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez per lo studio dei buchi neri. Il cosmologo Roger Penrose, laureato all’Università di Cambridge nel 1957, ha lavorato come docente per tanti anni presso l’Università di Oxford. A lui va il merito di aver messo a punto il metodo matematico che dimostra la teoria della relatività generale di Einstein. Attraverso questi studi è arrivato poi a dimostrare anche la teoria che prevede la formazione dei buchi neri.
Reinhard Genzel, docente presso l’University of California a Berkely, ha diviso l’altra metà del premio con Andrea Ghez, insegnante all’University of California di Los Angeles e quarta donna nella storia a ricevere il Nobel per la Fisica. Il loro contributo riguarda la scoperta di un oggetto invisibile e supermassiccio al centro della nostra galassia. In accordo con le informazioni attualmente a disposizione, questo corpo presente nella Via Lattea può essere soltanto un buco nero.
Dopo il Nobel per la Fisica 2019, assegnato a tre fisici per la scoperta di un esopianeta che orbita intorno ad una stella simile al Sole, anche quest’anno l’universo è al centro dell’attenzione grazie ai buchi neri. Si tratta di corpi celesti con un campo gravitazionale talmente intenso da non lasciare sfuggire nulla, nemmeno la luce. Alla base del pensiero che ne ipotizza l’esistenza c’è la teoria della relatività generale, sviluppata da Albert Einstein nel 1915 (premio Nobel per la Fisica nel 1921). Da un punto di vista relativistico, un buco nero è una regione spaziotempo con una curvatura così grande che nulla può uscire dal suo interno e Roger Penrose ha lavorato per confermare questa teoria.
Da queste premesse è facile comprendere come i buchi neri non siano visibili direttamente, nonostante la loro esistenza sia ormai definitivamente dimostrata. È possibile, invece, osservare indirettamente gli effetti di questi corpi celesti sull’ambiente circostante. Reinhard Genzel e Andrea Ghez hanno studiato il nucleo della Via Lattea utilizzando telescopi tra i più grandi al mondo e mettendo a punto metodi che eliminassero interferenze e polveri interstellari. Dalle loro osservazioni si è scoperta la presenza di un corpo celeste supermassiccio al centro della nostra galassia, certamente un buco nero. Ulteriori prove riguardanti i buchi neri si sono ottenute anche recentemente, ad esempio la prima immagine di un buco nero pubblicata nell’aprile 2019.
L’Accademia delle Scienze svedese, in questa giornata dedicata alle premiazioni, non manca di ricordare alcuni celebri premi Nobel. Tra questi, ricordiamo Albert Einstein, padre della teoria della relatività, che nel 1921 ricevette il Nobel “per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico”.
Particolare importanza è data anche alla presenza femminile tra i premi Nobel. Marie Curie, prima donna in assoluto a ricevere il premio nel 1903 per gli studi sulle radiazioni, ha inoltre ottenuto un secondo Nobel nel 1911 per la scoperta del radio e del polonio. Dopo di lei, ricordiamo Maria Goeppert-Mayer per il modello a guscio del nucleo atomico e Donna Strickland per gli studi sulla fisica dei laser. Infine, la vincitrice di quest’anno, Andrea Ghez, per il suo contributo nello studio dei buchi neri. Nei prossimi giorni vedremo assegnare anche i Nobel per la chimica, per la letteratura, per la pace e per l’economia.