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Supercomputer e Gallerie del Vento: il futuro sfida il passato

Negli ultimi 80 anni, il progresso umano ha subito un’accelerazione inimmaginabile e grande parte di esso è dovuto all’invenzione del computer, il quale è stato insignito dell’arduo compito del “fare i conti”. I computer in effetti sanno fare operazioni matematiche facilissime che anche un uomo potrebbe fare, con un’unica differenza: la velocità. Al giorno d’oggi disponiamo di una potenza di calcolo che facciamo anche solo fatica ad intuire: l’umanità dispone di molteplici supercomputer HPC (High Performance Computer). Supercomputer e gallerie del vento è una sfida che va avanti da alcuni anni.

Secondo la lista TOP500, aggiornata a giugno 2020, il più potente computer al mondo si trova in Giappone e possiede una capacità di 415 PFLOPS, ovvero 415*10^15 floating point operations per secondo. Gli scopi di questi computer sono molteplici: dalle previsioni meteo alle stime economiche, dalle simulazioni cosmologiche a quelle fluidodinamiche. Però, nonostante la grande potenza disponibile dei supercomputer, aziende ed istituti di ricerca si servono ancora di uno “strumento” più antico: le gallerie del vento. Per quale motivo si utilizzano ancora? Per capirne il motivo si deve entrare nei particolari della fluidodinamica.

Le equazioni della Fluidodinamica: lo scoglio chiamato Navier-Stokes

Le equazioni che descrivono la dinamica dei fluidi (sia liquidi, sia gas) sono le famose equazioni di Navier-Stokes. Si tratta di un sistema a cinque equazioni che, una volta definite le condizioni iniziali e le condizioni al contorno, possono essere risolte, sotto strette ipotesi. Tralasciando l’intrinseca difficoltà nel determinare, a volte, le condizioni iniziali e al contorno, vi è un grande problema: sono delle equazioni fortemente non-lineari. Ciò significa che le incognite sono legate fra loro in maniera complessa, sempre in modo differenziale, rendendo la loro risoluzione un vero e proprio scoglio.

Come già detto, per l’uomo molti calcoli sembrano impossibili, per una macchina come il computer, dovrebbero essere molto più semplici e veloci. Ma non è del tutto vero. Per poter risolvere le equazioni di Navier-Stokes, è necessario costruire una mesh: essa non è nient’altro che la ricostruzione della porzione virtuale di fluido.

Mesh 2-D di un F-16: da notare quanto essa si infittisca più si avvicina al velivolo Fonte: POINT WISE

Per esempio, se si dovesse simulare il flusso all’interno di un condotto dell’aria, sarebbe necessario dividere il condotto in tantissimi “cubetti” in modo da riprodurre le più piccole strutture del moto. Ovviamente se la geometria è semplice, non è difficile farlo, ma basti pensare ad un’automobile da Formula 1: non è così facile definire la mesh dal momento che abbiamo una notevole variabilità strutturale.

Nonostante esistano dei programmi che ne aiutino la costruzione, spesso la geometria deve essere costruita manualmente. Supponiamo che essa sia stata fatta, ora bisogna partire con la simulazione: avviamo il HPC scelto e iniziamo a simulare.

Integrazione numerica delle equazioni della fluidodinamica (o Computational Fluid Dynamics)

Ora tutto dipende da quanto i “cubetti” della mesh sono piccoli. Le più piccole strutture turbolente del fluido sono nell’ordine dei micrometri. Supponiamo che vogliamo simulare nell’ordine del millimetro (molto sconsigliato), ogni cubetto avrà un volume di 1 mm3, ovvero 10-9 m3, se si scende ai micrometri si otterrà una precisione di 10-18 mm3. Questo implica che per ogni metro cubo, avremo 106 cubetti: cosa può fermare un HPC? Tralasciando il fatto che 106 cubetti è un numero inimmaginabile per noi uomini, c’è un altro grandissimo problema: l’informazione utile di una simulazione fluidodinamica è circa lo 0.02% (ovvero l’informazione contenuta nelle più piccole scale del moto). Ciò significa che si ha uno spreco incredibile di tempo e costo computazionale per ottenere dei risultati.

Contributo energetico in funzione del numero d’onda: la maggior parte dell’informazione utile risiede nel “range di dissipazione” che occupa lo 0.02% del dominio fisico. Ciò che noi osserviamo, macroscopicamente, ovvero il “range energetico”, è il cerchio più piccolo che, da un punto di vista fisico, occupa più del 99% del dominio, ma non fornisce informazioni utili
Fonte: Cambridge University

Fin dagli albori dello studio della fluidodinamica ci si rese conto di tale complessità, per questo sono stati sviluppati altri metodi per la loro risoluzione, semplificando il problema: le cosiddette RANS (Reynolds Average Navier-Stokes). Tramite alcune ipotesi e alcune sostituzioni, le equazioni di partenza vengono semplificate e possono essere risolte anche tramite un computer che non sia tra i 100 più potenti al mondo (volendo basterebbe il vostro computer fisso o un ultrabook). Naturalmente ogni azione ha un costo: se da una parte il costo computazionale crolla, aumenta in maniera sostanziosa l’errore dovuto all’approssimazione delle equazioni.

Le gallerie del vento e la loro unicità

Le equazioni della fluidodinamica sono molto complesse, ma vi è un metodo alternativo che, per certi versi, potrebbe essere considerato anche più antico dell’uomo sapiens: il vento! O meglio, una galleria del vento!

L’idea è alquanto semplice: si utilizza un mezzo che possa mettere in movimento una certa massa d’aria (il più comune è un fan, ovvero un ventilatore) attraverso un condotto ben studiato, che investe un modello in scala del veicolo/velivolo/edificio che si vuole studiare.

Galleria del vento civile: test su edifici
Fonte: ResearchGate

La sua progettazione e realizzazione richiede molto tempo; inoltre non esistono due gallerie del vento identiche e ognuna è studiata in base al suo scopo. Per esempio, se lo scopo è lo studio della fluidodinamica degli edifici, sarà necessaria una camera di prova spaziosa con vento a bassa velocità. Se si vuole studiare l’aerodinamica di un aereo, sarà necessaria una camera di prova più piccola, con una velocità della corrente d’aria maggiore. Infine, se si volesse studiare il comportamento di un velivolo supersonico, bisognerebbe provvedere ad ottenere un flusso supersonico.

Supersonic Wind Tunnel at the NACA Ames Aeronautical Laboratory, Moffett Field, California.
Fonte: NASA

Progettazione gallerie del vento

Le variabili sono davvero tantissime, ma per la progettazione bisogna sempre tener conto di tre fattori:

  • Le dimensioni della camera di prova, dalla quale poi si costruirà tutto il resto del condotto.
  • Se la galleria è a bassa velocità (ovvero la velocità è molto inferiore a quella del suono) si deve avere la similitudine di Reynolds. Esso è un parametro facilmente calcolabile che tiene conto del rapporto tra le forze inerziali e viscose. Per poter simulare in queste gallerie, il numero di Reynolds simulato deve essere identico a quello della condizione di volo richiesta.
  • Se è ad alta velocità (ovvero la velocità è poco inferiore o superiore a quella del suono) si deve avere la similitudine di Mach. Esso è un parametro facilmente calcolabile che tiene conto del rapporto fra la velocità dell’oggetto e quella del suono. Come per il numero di Reynolds, per poter simulare correttamente è richiesta la similitudine.
Galleria del vento a bassa velocità: test su un’automobile con tecnica “fili di fumo”. Fonti: Siemens PLM

Una volta definiti tali parametri, la galleria può essere costruita ed utilizzata. Sono disponibili svariati strumenti di misura: bilance aerodinamiche (per misurare forze e momenti), misure ottiche (per osservare e/o tracciare il flusso dell’aria tramite laser e telecamere ad alte velocità), misure di pressione (per misurare forze e momenti), fili caldi (per misurare le più piccole fluttuazioni del moto).

L’utilizzo di gallerie del vento richiede uno stato dell’arte che si tramanda da generazioni e necessita di numerose persone per il corretto funzionamento: ingegneri, tecnici di galleria, manutentori dei modelli, addetti alla pulizia dei condotti, a differenza dei supercomputer.

Scontro Finale: Galleria del vento vs moderni computer

Nei precedenti paragrafi si è capito che le equazioni della fluidodinamica sono molto complesse e richiedono un grande costo in termini di tempo e denaro. Per questo motivo, rarissime volte si simulano direttamente: spesso le aziende ricorrono alle RANS, dal momento che il tempo è denaro, commettendo però errori. Tuttavia, molti di essi sono perfettamente conosciuti ed esistono metodi specifici per ogni applicazione richiesta. Ecco un confronto tra supercomputer e gallerie del vento.

Riepilogo Computer vs Galleria del vento

Oggigiorno, nessuna azienda che deve progettare un velivolo o veicolo, si basa unicamente sulle analisi fluidodinamiche di un supercomputer, ma possiede gallerie del vento in cui testa i modelli, utilizzandole anche in fase di design, non solo per calcolarne le prestazioni.

L’azienda ideale sceglie il connubio ideale: da un lato utilizza la CFD (ovviamente le RANS) per la sua velocità ed economicità sia dal punto di vista pecuniario, sia in termini di tempo di simulazione, ammettendo però che il risultato non sia completamente corretto; dall’altro utilizza la grande precisione di una galleria del vento con svariati metodi di misura e la sua intercambiabilità fra le varie configurazioni.

A cura di Riccardo Musazzi