È ora ufficiale: è stata trovata della fosfina tra le nubi acidissime di Venere, forse prodotta da microorganismi. Alle 17:00 di oggi si è tenuta la diretta in cui la Royal Astronomical Society ha fatto l’annuncio ufficiale. Gli scienziati hanno scartato la possibilità che questa fosfina sia prodotta da fenomeni abiologici ma ancora non è certa la sua origine legala alla vita: questa avrà bisogno di prove prelevate da una futura missione su Venere.
La fosfina (o fosfano – fosfuro di idrogeno o triidruro di fosforo) è un gas incolore, infiammabile e altamente tossico. La sua formula bruta è PH3 e ha un punto di ebollizione di 185 K (- 88 °C) a pressione atmosferica.
Questo gas può essere prodotto in due modi. Può essere ottenuto in laboratorio, il quale si differenza da quello naturale per il suo un odore altamente sgradevole di aglio o pesce in decomposizione, dovuto alla presenza di fosfano sostituito e del difosfano P2H4.
L’altro modo, che probabilmente è la causa della fosfina presente su Venere, è in natura grazie all’attività di microrganismi che vivono in ambienti privi di ossigeno. Clara Sousa Silva del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha affermato che:
“Trovare la fosfina su Venere è stato un regalo del tutto inaspettato. È una scoperta che solleva molte domande, come per esempio sul modo in cui un qualsiasi organismo potrebbe sopravvivere. Sulla Terra, alcuni microbi possono sopportare fino a circa il 5 per cento di acido nell’ambiente, ma le nubi di Venere sono fatte quasi interamente di acido”.
Le molecole sono trasportate dalle nubi spinte dal vento di Venere ad altitudini comprese tra 55 e 80 km e assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori.
Gli autori della pubblicazioni sono scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT), dell’Università di Cardiff e altri istituti universitari di rilievo.
Questa scoperta, è stata resa possibile grazie a due strumenti all’avanguardia: il Clerk Maxwell Telescope (JCMT), telescopio submillimetrico situato all’Osservatorio di Mauna Kea, a 4.092 m nelle Hawai. Si tratta del più grande telescopio dedicato specificatamente a operare alle lunghezze d’onda submillimetriche dello spettro.
L’altro strumento è l’Atacama Large Millimetre/submillimetre Array (ALMA), un radiointerferometro situato a 5.000 metri d’altitudine nel deserto di Atacama in Cile. È un progetto sviluppato in collaborazione tra Europa, Nord America, Asia orientale e Repubblica del Cile.
Questi spettri rappresentano “l’impronta” della fosfina su Venere. In un primo momento quest’impronta è stata rilevata dal JCMT e poi confermata dall’ALMA, strumento un migliore rapporto segnale-rumore, nel marzo 2019.
Gli autori dello studio hanno cercato di escludere in tutti i modi la causa “biologica” della fosfina. Hanno preso in considerazione tutti i fenomeni presenti sull’atmosfera di Venere: radiazione solare, fulmini o vulcani produrrebbero un decimillesimo della quantità di fosfina rilevata nell’atmosfera venusiana. Ai microbi terrestri, al contrario, per riuscirci basterebbe funzionare ad appena il dieci per cento della loro produttività massima.
Un’altra ipotesi sarebbe quella dell’errore umano (siamo davanti a un errore di rilevazione) oppure una scoperta epocabile relativa a processi chimici da noi sconosciuti. La fosfina ha un tempo di vita molto breve per cui gli scienziati hanno escluso anche la possibilità che sia stata prodotta da microorganismi presenti migliaia di anni prima.
Tracce di fosfina erano già state trovate nell’atmosfera di Giove e Saturno, in condizioni di pressione e temperatura talmente estreme da essere del tutto improbabile incontrarle su un pianeta roccioso. Invece, le concentrazioni rilevate e gli ambienti che caratterizzano i pianeti rocciosi, come Venere, la fosfina, può avere solo origine antropogenica o biologica. Sarà una futura sonda o pallone a dirci se veramente siamo davanti alla scoperta più importante di tutti i tempi.