La fissione nucleare, ad oggi, rappresenta il concetto fisico più promettente nell’ambito della propulsione spaziale. Lo sviluppo di nuove tecnologie e materiali ha permesso di riprendere studi iniziati 50 anni fa per missioni umane su Marte o nello spazio profondo.
Rispetto ai propulsori a combustione, un reattore a fissione per applicazioni spaziali lavora a temperature molto più alte ed è molto più leggero e compatto.
Il primo tipo di propulsore a fissione è il Nuclear Thermal Rocket (NTR): un sistema in grado di accumulare il calore prodotto da una reazione di fissione nucleare e sfruttarlo a fini propulsivi.
Un sistema propulsivo a fissione nucleare permette di ottenere prestazioni fuori dal comune. L’ Impulso Specifico, parametro propulsivo che misura la quantità di spinta fornita per unità di propellente può arrivare a centinaia di migliaia di secondi. Per confronto, il miglior sistema propulsivo a combustione chimica non supera i 500 s.
Per comprendere a fondo l’importanza di questo parametro bisogna considerare che più si vuole andare lontano dalla Terra e più bisogna avere propellente da consumare. Ma maggiore è il propellente, più grandi saranno i serbatoi per contenerlo. Il tutto si traduce nell’obbligo di avere enormi strutture da inserire in orbita, a meno che non si abbia un sistema ad elevato impulso specifico.
La fissione nucleare consente di sprigionare molta più energia con molto meno propellente, rendendo così fattibili missioni che normalmente non lo sarebbero a causa dell’ammontare di combustibile richiesto. Inoltre la spinta prodotta è relativamente alta e comparabile con quella della combustione chimica, cosa che consente di ridurre la durata del trasferimento.
I propulsori elettrici, invece, hanno alti impulsi specifici ma basse spinte e non sono quindi adatte a missioni con equipaggio, poiché durerebbero troppo tempo: ne sono un esempio i propulsori ad effetto Hall.
Essenzialmente, la fissione atomica avviene quando un neutrone colpisce un atomo e genera almeno un altro neutrone per iniziare la reazione a cascata. E’ importante che il massimo numero di neutroni generati da ogni urto sia proprio 1 per non rendere la reazione instabile e produrre una bomba atomica.
La prima sperimentazione di un propulsore a fissione avvenne con il Nuclear Engine for Rocket Vehicle Application (NERVA) negli anni ’60.
NERVA, così come in genere tutti i reattori a fissione, utilizza Uranio come propellente nucleare, per via dell’elevato valore di energia specifica. In particolare solo l’isotopo Uranio 235, quello più raro in natura, è utile a produrre energia tramite fissione.
NERVA è composto da un reattore in cui viene controllata la fissione delle barre di Uranio e prodotto il calore. Una griglia forata consente il passaggio di idrogeno liquido per essere riscaldato. Infine, un ugello consente l’accelerazione ed espansione della miscela per produrre spinta.
Tutto il reattore viene circondato da elementi in materiale isolante per mantenere il controllo della reazione e minimizzare le perdite di calore e di energia.
La NASA svolse anche alcuni test sul NERVA prima di interrompere la ricerca, a causa sia di mancanza di fondi, sia alla sempre maggior evidenza dei potenziali danni da radiazione.
Proprio per questo motivo la ricerca si sta ora indirizzando verso lo sviluppo di reattori alimentati da Uranio poco arricchito. Questo tipo di carburante risulta meno efficiente in termini di fissione, ma più sicuro per eventuali incidenti durante i test a terra.
Con la rinascita dell’interesse nella tecnologia del nucleare, i team di ricerca hanno proposto nuovi concept.
Ad oggi, lo studio preliminare più promettente è il Fission Fragment Rocket Engine (FFRE) della NASA. La differenza fondamentale rispetto a NERVA risiede nella modalità di produzione della spinta. Mentre nel primo caso il calore prodotto dalla fissione viene utilizzato per scaldare un propellente che produce poi la spinta, nel FFRE la spinta viene generata dalla diretta emissione di frammenti di fissione nucleare.
Per rendere l’idea, un motore FFRE è talmente potente ed efficiente da poter portare un equipaggio umano su Proxima Centauri (la stella a noi più vicina, ma comunque lontana ben 4.2 anni luce) in circa 50 anni.
Diversamente dal NERVA, in cui il reattore era composto da barre di combustibile, il reattore di un FFRE è composto da una polvere micrometrica di Uranio, sospesa e confinata nel reattore stesso da un forte campo elettrico. I frammenti della fissione nucleare, attraversando la nube di polvere, vengono accelerati da intensi campi magnetici ed espulsi a velocità intorno al 5% della velocità della luce.
Il valore di impulso specifico stimato dagli ingegneri del FFRE è superiore al milione di secondi, sufficiente a considerarlo l’unico propulsore adatto a missioni interstellari.
Sebbene il FFRE rappresenti la tecnologia più promettente per missioni nello spazio profondo, non sono poche le difficoltà da dover affrontare durante il progetto.
Il problema principale è la bassissima efficienza, che nel migliore dei casi supera appena il 10%. Ciò implica che la quasi totalità dell’energia deve essere smaltita in forma calore. Questo progetto prevede infatti enormi radiatori per dissipare il calore: per una missione interstellare sarebbe necessario un sistema di radiatori grosso quanto un campo da calcio.
Infine i sistemi a fissione nucleare necessitano di rivestimenti ad elevate prestazioni, per schermare la fuga di materiale radioattivo dal nucleo.