Nuovi sviluppi di intelligenza artificiale per la fluidodinamica
Con lo sviluppo delle tecniche di intelligenza artificiale, l’introduzione dei big data e l’incremento delle prestazioni computazionali, progettare algoritmi di machine learning per applicazioni fluidodinamiche è diventato oggi un ambito di ricerca promettente.
La fluidodinamica è un ottimo banco di prova per il machine learning, perché racchiude una serie di problemi ancora irrisolti; si tratta, cioè, di un settore ricco di sfide che, proprio per questo motivo, può offrire un terreno fertile per migliorare sia il particolare algoritmo testato che i risultati fluidodinamici in termini di accuratezza e tempi computazionali. I problemi fluidodinamici, fino ad oggi affrontati con tecniche di intelligenza artificiale, includono l’approssimazione delle equazioni di Navier-Stokes, la modellizzazione della turbolenza, il controllo del flusso e l’analisi di dati sperimentali.
La tecnica PIV
Nell’ambito dell’analisi dei dati si colloca l’applicazione delle reti neurali alla Particle Image Velocimetry (PIV), una tecnica ottica non intrusiva che permette l’acquisizione del campo di velocità istantaneo di un flusso in galleria del vento.
Un esperimento PIV consiste nell’introdurre, nel flusso, particelle traccianti e fotografarle a due istanti temporali ravvicinati, nell’ordine dei microsecondi; la coppia di frame così ottenuta viene processata al fine di estrarre una stima del vettore spostamento delle particelle tra i due frame. A questo punto, si ottiene il vettore velocità semplicemente dividendo tale stima per l’intervallo di tempo in microsecondi (che è noto). La tecnica PIV prevede 3 varianti che, in ordine di complessità, sono:
- la standard-PIV (o 2C2D PIV) che richiede una fotocamera e permette di ricostruire 2 componenti di velocità per una sezione piana del fluido;
- la stereo-PIV (o 2C3D PIV) che richiede 2 fotocamere e stima tutte e 3 le componenti della velocità per una sezione piana del fluido;
- la tomo-PIV (o 3C3D PIV) che ricostruisce 3 componenti di velocità per un volume di fluido. È possibile effettuarla con un minimo di 2 fotocamere, ma è preferibile usarne 3 o 4 per motivi di accuratezza.
Un problema di regressione per l’intelligenza artificiale
Il processing dei dati PIV rappresenta un problema complesso di regressione nell’ambito dell’analisi delle immagini. È interessante testare le reti neurali su tale problema per capire se permettono di replicare, anche nel caso della regressione, i risultati pazzeschi che ci hanno consentito di raggiungere in altri campi, come l’object detection o la classificazione delle immagini (per compiti di classificazione, nel 2015 le reti neurali hanno superato le capacità umane).
Il primo studio di fattibilità sull’applicazione del machine learning alla PIV è stato pubblicato nel 2017 (Performing particle image velocimetry using artificial neural networks: a proof-of-concept, diRabault J., Kolaas J., Ensen A.) e riguardava la PIV standard; per tale tecnica, una rete convoluzionale a 5 strati permetteva di raggiungere prestazioni solo di poco inferiori rispetto al metodo di processing tradizionale che si basa sulle cross-correlazioni ed è il risultato di più di 25 anni di continui sviluppi. Da questo primo studio, sono state sviluppate architetture di rete più complesse per migliorare l’accuratezza e la risoluzione delle ricostruzioni.
Il primo vantaggio dell’impiego di reti neurali riguarda il costo computazionale. Il training di una rete, sempre necessario per renderla effettivamente operativa, richiede molte risorse (sicuramente l’impiego di GPU e non raramente alcuni giorni di calcolo o anche oltre); questa fase però necessita di essere effettuata un’unica volta, dopodiché la rete può essere utilizzata quante volte si vuole e lavora molto velocemente. Infatti, a questo punto tutti i calcoli che compie sono semplici moltiplicazioni di vettori e matrici.
Punti di partenza e sviluppi futuri
Nel caso specifico della PIV, c’è da dire che il metodo tradizionale delle cross-correlazioni funziona in modo soddisfacente, sia per accuratezza che per tempi di calcolo, nei casi planari. Problematiche ancora non risolte, invece, si riscontrano per la tomo-PIV su tutti i fronti: accuratezza, affidabilità e costo computazionale.
È proprio per la tomo-PIV, quindi, che le reti neurali potrebbero davvero fare la differenza nel prossimo futuro. Per progettarle, la ricerca può avvalersi di ben due punti di partenza provenienti da altrettanti ambiti. Il primo ambito è quello medico del CT (Computed Tomography) scan, dove, come nel caso della tomo-PIV, le reti neurali sono applicate a un volume 3D, ma i corpi sono fermi. L’altro è la computer vision, in cui si utilizzano già reti neurali per ricostruire il moto di oggetti all’interno di un video, ma tale moto è bidimensionale e gli oggetti hanno dimensioni macroscopiche. Per risolvere il caso della tomo-PIV, sostanzialmente, è necessario condensare le capacità dei modelli di questi due punti di partenza in un unico modello di rete.
A cura di Luisa Di Monaco.