Terra: potrebbero esistere circa 6 miliardi di pianeti simili nella Via Lattea
La ricerca dei “gemelli” della Terra è sempre stato uno dei capisaldi dell’esplorazione spaziale, che sia per colonizzazione o per la ricerca della vita stessa in altri meandri dell’Universo. Quando si parla di “ricerca dei pianeti simili della Terra”, il riferimento alla missione Kepler, della NASA, diventa immediata: non a caso, proprio questa missione è la protagonista del nostro articolo, in quanto, secondo gli ultimi dati, i gemelli della Terra, solo nella Via Lattea, potrebbero essere ben 6 miliardi. Andiamo con ordine.
La missione Kepler
La missione Kepler è una missione spaziale della NASA, parte del programma Discovery, il cui scopo è la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l’utlizzo del telescopio spaziale Kepler. Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell’astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009.
Una delle scoperte più degne di nota riguarda Kepler-452b, un esopianeta situato nella costellazione del Cigno, distante 1400 anni luce dal sistema solare e orbitante intorno ad una stella di classe G2; tale pianeta è il più simile alla Terra finora trovato: impiega circa 385 giorni terrestri per eseguire una rivoluzione, è più grande (raggio 1.6 volte quello terrestre) e si è formato prima del nostro pianeta.
Che vuol dire “pianeti simili alla Terra”?
Dalla semplice analisi della parola, possiamo subito intuire il significato: pianeti che hanno caratteristiche del tutto simili alla Terra; quindi, possiamo identificare il gemello della Terra come un corpo roccioso che orbita intorno a una stella di tipo G (una stella della stessa classe del nostro Sole).
Le caratteristiche del “gemello” non terminano qui: il pianeta deve trovarsi anche alla distanza ideale dalla stella di classe G, vale a dire né troppo lontano, né troppo vicino, in modo tale che si possa favorire lo sviluppo dell’acqua in forma liquida sulla superficie del pianeta.
I nuovi dati
Sulla rivista The Astronomical Journal (“Searching the Entirety of Kepler Data. II. Occurrence Rate Estimates for FGK Stars“) un team di esperti dell’Università della Columbia Britannica ha analizzato in modo dettagliato tutti i dati della missione Kepler, in modo da poter fornire un numero più accurato dei gemelli presenti nella nostra galassia.
Dell’università protagonista, si è esposto l’astronomo Jaymie Matthews:
Per ogni cinque stelle simili al Sole possiamo immaginare che esista un pianeta paragonabile alla Terra. Comprendere il modo in cui i pianeti evolvano nelle orbite attorno alle loro stelle potrebbe fornire informazioni preziose sulla loro formazione e aiutarci a ottimizzare le future missioni volte alla ricerca di esopianeti. Nella Via Lattea ci sono circa 400 miliardi di stelle, il sette percento delle quali può essere classificato di tipo G, come il nostro Sole.
A questa dichiarazione, possiamo aggiungere quello della co-autrice del lavoro Michelle Kunimoto:
I miei calcoli pongono un limite superiore di 0,18 pianeti simili alla Terra per stella di tipo G. Ho iniziato simulando l’intera popolazione di esopianeti attorno alle stelle ricercate da Keplero e ho contrassegnato ogni pianeta come “rilevato” o “mancato” a seconda della probabilità che avrebbe trovato il mio algoritmo di ricerca del pianeta. Quindi, ho confrontato i pianeti rilevati con il mio attuale catalogo di pianeti. Se la simulazione ha prodotto una corrispondenza stretta, allora la popolazione iniziale era probabilmente una buona rappresentazione della popolazione effettiva di pianeti in orbita attorno a quelle stelle.
Facciamo due conti…
Se la matematica ci è amica:
7% di 400 miliardi = 28 miliardi di Stelle G. Il limite superiore è pari a 0.18 pianeti simili alla Terra per ogni stella di tipo G, per cui 0.18 x 28 per un totale di più di 5 miliardi di pianeti ipotetici come simili alla Terra.
Un risultato davvero sorprendente e che non è per nulla fine a sé stesso. Tutte queste informazioni potrebbero essere d’aiuto per una migliore comprensione della formazione stessa dei pianeti o anche per ottimizzare le missioni future dedicate alla ricerca degli esopianeti nella nostra galassia.
Non so voi, ma io resto in attesa di vedere qualche alieno.