Mentre un regime di moto supersonico si instaura quando un corpo si muove più velocemente dell’onda sonora, oltrepassando il “muro del suono”, la transizione da supersonico ad ipersonico non è così tangibile, ma la si definisce in base alla nascita di determinati fenomeni.
Nello studio di un corpo immerso in un fluido e con una velocità relativa rispetto ad esso si è soliti utilizzare come unità di misura per la velocità il numero di Mach, ossia il rapporto tra la velocità del corpo e quella del suono all’interno del fluido stesso. Viaggiare in supersonico significa avere una velocità superiore a Mach 1. Qualitativamente la transizione ad ipersonico, invece, avviene quando il Mach raggiunge un valore tra 5 e 7.
L’aero-termodinamica è la branca che si occupa dello studio di questi range di velocità. Il nome si riferisce allo studio del moto di un gas in cui le elevate temperature generano fenomeni non più trascurabili.
Se il settore aeronautico è ancora lontano dallo sviluppo di velivoli ipersonici (a meno di quelli sperimentali), quello spaziale non può prescindere dallo studio di questo regime di moto; infatti, il volo ipersonico caratterizza sia il lancio di velivoli spaziali sia il rientro in atmosfera planetaria (terrestre o extraterrestre).
Wernher von Braun, ingegnere tedesco trasferitosi negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, è globalmente ritenuto il padre della propulsione spaziale. Al suo ingegno è legato lo sviluppo dei razzi tedeschi V-2 (utilizzati per colpire Londra durante il conflitto mondiale) ma anche il progetto e la costruzione dello storico Saturn-V, il vettore che portò l’uomo sulla Luna.
Il 24 Febbraio 1949 la NASA, sotto la guida di von Braun, fu la prima organizzazione a raggiungere il moto ipersonico durante il rientro in atmosfera del secondo stadio di un razzo V-2.
A distanza di 21 anni, nel 1961 l’Unione Sovietica lancia il Maggiore Yuri Gagarin a bordo del Vostok 1. Primo uomo a volare nello spazio e a viaggiare in ipersonico: durante il rientro la capsula raggiunse una velocità superiore a Mach 25. Sebbene gli USA siano decisamente indietro rispetto ai progressi ottenuti dai Russi, lo stesso anno l’astronauta Alan B. Shepard diventa il secondo uomo a viaggiare nello spazio con un volo sub-orbitale sopra l’Atlantico.
Mentre la NASA affanna ad inseguire i rivali nella corsa allo spazio, a distanza di qualche mese il settore aeronautico fa un passo da gigante: il Maggiore Robert White è il pilota collaudatore del velivolo sperimentale X-15: raggiungendo oltre 5 volte la velocità del suono rimane ancora oggi l’aeroplano più veloce mai pilotato.
A distanza di 60 anni dal primo volo ipersonico il settore spaziale ha raggiunto obiettivi che durante la guerra fredda sembravano impensabili.
Oltre alla conquista della Luna, numerose sonde e rover hanno viaggiato all’interno del Sistema Solare per studiare i pianeti ed i loro satelliti, in cerca di risposte sulla nascita della vita.
Lo sviluppo di complessi algoritmi e metodi matematici ha permesso la risoluzione, sotto strette ipotesi, delle equazioni di Navier-Stokes, consentendo di testare configurazioni sempre più ambiziose.
I velivoli aeronautici che viaggiano in supersonico, ovvero Mach oltre 1.6, mostrano una prua appuntita (ad esempio Concorde o un jet militare). Ciò consente di gestire al meglio l’onda d’urto che si genera sul velivolo una volta oltrepassata la barriera del suono, forzandola a rimanere attaccata.
Per i velivoli spaziali, sebbene possa sembrare non intuitivo, la scelta progettuale non può più essere una prua appuntita. Questo perché, oltre una certa velocità, le temperature che si genererebbero, se l’onda fosse attaccata, non sarebbero sopportabili da alcun tipo di materiale.
Le temperature raggiunte in moto ipersonico sono talmente elevate da causare la dissociazione e ionizzazione delle molecole. Attraverso intensi scambi energetici tramite convezione ed irraggiamento il gas si trasforma gradualmente in plasma.
Le capsule ed i lanciatori, quindi, tendono ad avere una prua affusolata in modo da mantenere l’onda d’urto staccata e consentire al flusso di “raffreddarsi”. Le capsule sono, infatti, dei velivoli che generano una elevata resistenza, se comparati con i mezzi aeronautici; devono, inoltre, garantire una aliquota di portanza per gestire eventuali incertezze di densità atmosferica o per moderare il carico aerodinamico agente sulla struttura.