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30 anni di Galileo: la sonda che scoprì la vita nello spazio

Missione Galileo

Credits: northessexastro.co.uk

A cura di Gianluca Pellecchia

Era il 18 Ottobre 1989 quando la partenza dello Space Shuttle da Cape Canaveral dava inizio a una delle più grandi avventure nella storia dell’ esplorazione spaziale. Protagonisti: Terra e Galileo.

Nel suo Fly-by del Pianeta del Dicembre 1990, la sonda ha trovato evidenze di un’ abbondanza di ossigeno gassoso, […] un acuto assorbimento di luce nell’ estremità rossa dello spettro visibile, e metano atmosferico in uno stato diforte instabilità termodinamica. Insieme, questi elementi sono fortemente indicativi della presenza di vita sul Pianeta. In più, la presenza di radio trasmissioni pulsate a banda stretta ad ampiezza modulata può essere attribuita soltanto a vita intelligente.[…]

Questa, che potrebbe sembrare la trascrizione di una trasmissione radio, è in realtà l’abstract di un articolo pubblicato da Carl Sagan sulla rivista Nature, datato 1991.

Esaminiamo i nostri protagonisti!

L’identità segreta dei due protagonisti dell’articolo di Sagan sono una sonda e un pianeta; la prima è la sonda nata da NASA ed ESA: Galileo, partita esattamente 30 anni fa dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, protagonista di alcune tra le scoperte più importanti della storia dell’ esplorazione spaziale e autrice di alcuni tra gli scatti più spettacolari di Giove e dei suoi satelliti. 

Il pianeta, invece, non è altro che un corpo celeste roccioso facente parte del Sistema Solare, più precisamente il terzo pianeta in ordine di distanza dalla Sole, culla di una vita intelligente: la Terra. 

Missione Galileo
Credits: solarsystem.nasa.gov

Qual era l’obiettivo di Galileo?

Al tempo della missione Galileo, la Nasa aveva lanciato diverse missioni dirette verso altri oggetti del nostro sistema solare, tra cui le sonde Voyager e quelle dei programmi Pioneer e Mariner, arrivando a sorvolare una sessantina di corpi celesti tra asteroidi, satelliti e pianeti senza rilevare presenze di vita. Fu necessario chiedersi, allora, se e come fosse davvero possibile rilevare la presenza di una qualunque forma di vita (intelligente o  meno) dalla distanza di un Fly-By e sfruttando solo la strumentazione disponibile.

Galileo fornì un’occasione irrinunciabile. La sonda, infatti, per necessità legate al consumo di carburante, prima di raggiungere Giove, fu diretta verso Venere in modo da sfruttare la sua gravità come fionda gravitazionale; questa particolare traiettoria, prevedendo un passaggio a una distanza minima dalla Terra di 960 km, avrebbe permesso a Sagan e agli scienziati di puntare la strumentazione della Galileo verso il nostro pianeta e condurre alcune misurazioni. 

La sofisticatissima strumentazione a bordo della sonda fu determinante per la riuscita dell’esperimento.
La sonda trasportava ben 16 strumenti, per un peso complessivo di 118 kg, tra i quali:

  • Solid State Imager (SSI): una fotocamera telescopica che ha permesso di catturare immagini ad altissima risoluzione;
  • Near-Infrared Mapping Spectometer (NIMS): uno strumento sensibile alla luce infrarossa che fu determinante per rilevare la presenza di acqua sia allo stato liquido che gassoso e aeriforme, oltre che un’ abbondanza di ossigeno nell’ atmosfera; questa informazione, confrontata anche con i dati dell’ UltraViolet Spectometer (UVS), ha evidenziato la presenza di processi di fotosintesi, prova inconfutabile della presenza di esseri viventi in grado di sfruttare la luce ultravioletta per il proprio nutrimento. Sempre sfruttando la tecnologia a infrarossi, inoltre, si è potuto riconoscere l’abbondanza di altri gas serra come il metano e la CO2, ulteriori indizi della presenza di una biosfera.

L’esperimento costituisce ancora oggi un enorme patrimonio nell’ambito dell’astrobiologia, oltre a essere l’ennesima riprova dell’enorme contributo di Carl Sagan all’astronomia e alla comprensione di quale sia il nostro posto nell’Universo come specie.
A tal proposito, in fondo all’articolo è possibile ascoltare un intervento di Sagan alla trasmissione di Richard Terrile datato 1992 in cui è lo stesso scienziato a descrivere alcuni dei risultati del suo esperimento e alcune sue riflessioni personali, mostrando ancora una volta la chiarezza e le capacità descrittive che hanno fatto di lui un divulgatore di fama mondiale.