InSight e la sua “talpa”: siamo ad un punto di svolta?
Il lander InSight, arrivato sulla superficie marziana il 26 novembre 2018, continua a dare qualche grattacapo agli ingegneri, pur essendo una missione di grandi successi. Il sensore termico HP3, progettato per scendere a 5 metri sotto la superficie, ha avuto alcuni problemi ancora irrisolti nel suo funzionamento; è riuscito, infatti, a scavare solo per 20/30 cm prima di fermarsi: il grande lavoro degli ingegneri e scienziati è stato capire il perché.
Lo strumento HP3 è composto da una sonda soprannominata “talpa” per la sua funzione di penetrare il terreno, da una struttura esterna superficiale che la ospitava prima della discesa e da un cavo che permetterebbe di trasmettere i dati rilevati e raccoglierne, grazie ai sensori di temperatura presenti ogni 35 cm per tutta la sua lunghezza. La talpa ha al suo interno un meccanismo a molla che gli permette di martellare il terreno, ma il numero di colpi per i quali è garantito un funzionamento nominale è limitato, ragion per cui le sue attività sono state sospese in attesa di nuove informazioni.
Dalle analisi e test effettuati dagli esperti, è risultato evidente che il problema non dipende da un malfunzionamento delle parti meccaniche; l’ipotesi ormai confermata è che le pareti rocciose scavate dalla sonda nel terreno non offrano un attrito sufficiente per frenarne il rinculo: per funzionare al meglio, il terreno dovrebbe riempire il buco scavato dalla talpa, cosa che non accade a causa della inusuale composizione della superficie su cui è atterrato InSight.
Come risolvere il problema?
Gli ingegneri non si sono dati per vinti: il lander ha un braccio meccanico, il cui scopo era quello di posizionare gli strumenti. Per prima cosa è stata spostata la struttura esterna della talpa, rendendola cosi visibile alle fotocamere e confermando le precedenti ipotesi sulla sua posizione e sul suo stato di salute. Successivamente si è cercato di fare pressione sul terreno circostante alla sonda per far entrare del terreno all’interno del foro. Questa azione non ha avuto i risultati sperati, perché il braccio non è in grado di sviluppare grandi forze, soprattutto nella zona in cui è stato appoggiato HP3: per non interferire con l’altro esperimento riguardante le onde sismiche, è stato posizionato il più lontano possibile, al limite del raggio d’azione della pala meccanica, che quindi fatica ad intervenire.
Finora, si è evitato di fare entrare in contatto direttamente il braccio con la talpa e il cavo; tuttavia, ora gli ingegneri sono pronti a giocarsi il tutto e per tutto: la pala cercherà di spingere fisicamente la talpa contro la parete, mentre scava, per dargli quell’attrito che le serve. Il procedimento sembra semplice, ma movimentare in maniera precisa uno strumento su Marte (distante 400 milioni di km dalla Terra per un ritardo di ricezione degli input di 21 minuti), per fargli compiere azioni per le quali non è stato progettato, non è affatto facile e non si ha un secondo tentativo. Tutte queste azioni, inoltre, richiedono energia e la stagione marziana in corso porterà a una diminuzione di energia solare disponibile: c’è il rischio di togliere risorse utili agli altri strumenti funzionanti di InSight come il sismometro SEIS che, al contrario di HP3, è in grado di registrare dati scientifici promettenti e li sta già inviando a terra.
Gli ingegneri non perdono le speranze: in attesa dei risultati delle ultime azioni di salvataggio continueranno a fare test sulla copia del lander che abbiamo qui sulla Terra e a proporre nuove soluzioni, almeno finché ci sarà abbastanza energia per metterle in pratica. In fondo chi è un ingegnere se non qualcuno a cui piace risolvere problemi?