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Tumori: possono davvero morire in microgravità?

Abbiamo sentito spesso parlare riguardo le conseguenze negative che porta al corpo umano una permanenza prolungata in condizioni di microgravità; oppure, abbiamo sentito spesso quali sono le conseguenze che vengono dalle radiazioni cosmiche. E se vi dicessimo che, forse, è possibile guarire i tumori a gravità ridotta?

Quel “forse” messo in grassetto non è stato messo per bellezza ma per via dei soliti titoloni che andiamo a leggere in giro per il web:

Tumori, nuova frontiera dello spazio. «Cellule killer muoiono a gravità zero»

O simili. Ovviamente questi titoli possono fare molta gola e portare ad aprire l’articolo, trovandoci, però, dinanzi a una realtà del tutto differente. Esaminiamo la questione dal principio:

Il Professor Joshua Chou, dell’Università della Tecnologia di Sydney, ha annunciato al mondo di esser riuscito a trovare un modo per uccidere le cellule tumorali; più precisamente, l’80/90% delle cellule tumorali, in condizione di microgravità, morirebbe senza bisogno alcuno di una cura farmacologica.

Bellissimo, no? Certo! Una scoperta del genere potrebbe essere epocale e salvare milioni di vite. Ma portiamo al microscopio anche questa notizia:
A dispetto di quello che vuole farci credere il titolo o articoli vari, la presunta scoperta è avvenuta solo tramite simulazione di computer, quindi è tutto fuorché dimostrata.

C’è di più: i giornali fanno passare il tutto per una novità, come se “tumori” e “microgravità” non siano mai stati pensati insieme; come potete ben immaginare, non è così: questa ricerca vive tra gli enti spaziali da circa 30 anni.

Cosa c’è di vero?

A tal proposito, si è esposto il Prof. Mariano Bizzarri, dell’Università La Sapienza di Roma, nonché presidente del consiglio scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e fondatore della Italian Society for Space Biomedicine and Biotechnology:

Moltissimi scienziati studiano ormai da trent’anni, comunicando i loro risultati in convegni, pubblicando sulle più accreditate riviste scientifiche, nell’alveo di specifici programmi di Biomedicina Spaziale organizzati dalle agenzie spaziali (NASA e ESA). Se il Dr Chou avesse avuto cognizione di quanto già fatto finora (perfino la rivista dell’Accademia dei Lincei ha tra l’altro dedicato un numero speciale a tale questione alcuni anni fa

Il simulatore di microgravità costruito dal team del Dr Chou. Credits: dday.it

Ovviamente, ribadiamo un concetto: l’articolo non ha assolutamente l’obiettivo di sminuire il lavoro del Dr Chou (che potete ritrovare tranquillamente in rete come kickstarter), ma riportare il fatto che non occorre mai prendere i giornali alla lettera; non appoggiamo il criticarsi pubblicamente tra scienziati, il nostro obiettivo era riportare la verità dei fatti.

Controllando il sito di questi studi, è possibile constatare che Chou abbia costruito il primo simulatore di microgravità australiano con cui sono state testate le reazioni delle cellule cancerose di quattro tipi di neoplasie: il cancro ai polmoni, al naso, al seno e alle ovaie. Dopo 24 ore, hanno osservato che l’80-90 % delle cellule malate era stato ucciso, portato all’apoptosi, o “suicidio cellulare“, dalla microgravità.

Ovviamente, queste simulazioni al computer potrebbero buttare le basi per un qualcosa di più concreto, magari proprio utilizzando anche le conoscenze delle precedenti ricerche (“Lessons learned“); l’unico cambio di atteggiamento che dobbiamo avere è semplicemente passare da “Wow!” a “Speriamo!”.

Fonti: butac.it; asi.it; dday.it;

 

Published by
Gianmarco Valletta