A cura di Francesco Salvaterra
È da sette anni ormai che il rover MSL Curiosity è atterrato su Marte; da allora ha percorso la notevole distanza di 21.09 km, ma come ha fatto il rover a orientarsi e muoversi in un ambiente così ostile? Come si pilota un rover?
Un segnale radio, per arrivare a Marte, impiega in media 13 minuti; per inviare un comando e riceverne la conferma bisogna aspettarne addirittura 26, prova che non c’è un pilota che invia comandi singoli al rover. Curiosity, in qualche modo, deve arrangiarsi.
In realtà comunicare con Curiosity è molto più complicato: il rover riceve comandi direttamente dalla Terra ma, per rispondere trasmettendo dati complessi, si appoggia agli orbiter Mars Reconnaissance Orbiter e Odissey, in orbita eliosincrona, con cui può comunicare una volta al giorno ciascuno.
Il rover, dunque, non può far altro che affidarsi a dei sistemi di guida autonomi o a un piano di guida preventivamente pianificato ma, per farlo, deve possedere un sistema di coordinate affidabile.
Per conoscere la posizione e l’orientamento rispetto al sistema di riferimento, esistono sensori inerziali che monitorano con una certa accuratezza tutti i movimenti del rover. La qualità di queste misure si degrada con il tempo per due ragioni:
Per poter prevenire alle incertezze, la missione utilizza diversi sistemi di riferimento, di cui i più usati sono il “rover frame” e il “site frame“.
Periodicamente, il site frame deve essere aggiornato poiché, con il passare del tempo, il rover accumula mancanza di accuratezza sulla sua posizione; quando viene dichiarato un nuovo site frame la sua posizione viene determinata confrontando le immagini della Navcam con le immagini satellitari: Curiosity si orienta rispetto a esso utilizzando i sensori inerziali e rilevando la posizione del sole nel pomeriggio.
I “piloti” pianificano gli spostamenti di Curiosity utilizzando questi sistemi di riferimento: possono chiedergli di utilizzare diversi livelli di intelligenza artificiale per completare una guida; le modalità disponibili sono: guida alla cieca, (blind driving), odometria visiva (visual odometry o “visodom”), navigazione autonoma (autonav) e navigazione assistita (guarded motion), che è un ibrido tra visodom e autonav.
Il parametro essenziale è l’autonomia del rover, poiché più potenza è richiesta dal computer per elaborare un percorso sicuro, più lentamente si muoverà quest’ultimo.
È la modalità più veloce, può raggiungere circa i 100 metri all’ora. Nella guida alla cieca, il computer non interviene con l’intelligenza artificiale: viene pianificato da terra un percorso tramite un modello 3D dell’ambiente circostante. I comandi sono basilari, come avanzare di una certa distanza, o ruotare di un certo numero di gradi; la durata di queste guide è limitata dalla distanza mappata dal rover, solitamente non più di 50 metri: in questa modalità non viene verificato se sta viaggiando sul percorso pianificato, verifica solo che le condizioni non superino limiti preimpostati, per esempio se si trova su terreno troppo scosceso o se qualche ruota incontra troppa resistenza (in tal caso interrompe la guida).
L’odometria visiva permette al rover di verificare la permanenza sul percorso preimpostato: durante la guida scatta delle immagini laterali a una certa distanza l’una dall’altra (da 50 a 150 cm); il computer compara le due immagini, riconoscendo dei punti di riferimento per misurare il movimento reale. Il rover può, così, ripianificare il percorso secondo le sue stime o può fermarsi in caso di difficoltà nell’avanzare.
Questa modalità permette un movimento di circa 50 metri all’ora.
Il più lento, con una velocità massima di 30 metri all’ora. La navigazione autonoma è una modalità di guida molto sofisticata che permette al rover di guidare senza elaborate istruzioni dal suolo: identifica un obiettivo, ovvero una determinata posizione rispetto al site frame, si muove di una distanza di 50-150 cm, scatta immagini con la Hazcam e ne ricava una mappatura 3D del terreno circostante; identifica ostacoli più alti di 50 cm e pendenze maggiori di 20°, il rover misura e mappa la “traversabilità” di un quadrato di terreno di lato 5 m attorno a sé, diviso in una griglia di quadrati di 20 cm di lato. A ogni area è associato un livello di bontà del terreno e di sicurezza, il rover poi ne ricava il percorso più sicuro; avanza di altri 50-150 cm, a seconda del livello di sicurezza del percorso, e ripete l’operazione.
Una modalità simile è la navigazione assistita, dove al rover viene inviato un percorso da eseguire utilizzando l’odometria visiva; viene richiesto, tuttavia, di verificare la sicurezza del percorso con l’intelligenza artificiale.
L’utilizzo dell’autonav è stato sospeso dopo la scoperta del problema del danneggiamento delle ruote dovuto al terreno troppo sconnesso e ricco di rocce appuntite, per poi essere riattivato nel sol 1780.
Nonostante il rover non sia direttamente pilotato da terra il ruolo fondamentale nel suo successo lo gioca il team di professionisti che lo ha progettato, che lo tiene sotto costante osservazione e si occupa degli aggiornamenti ai sistemi; grazie a loro, infatti, Curiosity ha superato di molto la durata della sua missione originaria e continuerà a lungo a inviare a terra le sue incredibili scoperte e foto dalla superficie di Marte.
Fonti: Emily Lakdawalla “The design and Engineering of Curiosity, How the Mars Rover Performs Its Job”, Springer.