Ieri sera abbiamo provato tutti quell’emozione, che solo chi è consapevole di essere testimone di un momento che definirà il futuro della storia, può capire. Alle 21:45 di ieri, martedì 6 febbraio 2018, è decollato il Falcon Heavy, il razzo più potente mai costruito dalla fine del programma Apollo, e con lui, anche le nostre ambizioni per il futuro.
La sequenza di accensione è iniziata a T-5 secondi. A T-0, i 27 motori Merlin, capaci di imprimere una spinta di 23 mila kN, hanno sollevato il razzo di circa 1,5 milioni di chilogrammi. Dopo 1:06 minuti, l’Heavy ha superato il momento critico del “Max-Q”, la fase di maggiore stress aerodinamico in quanto subisce la spinta e le vibrazioni strutturali prodotte dai motori e la resistenza aerodinamica dell’aria.
A T+2:45, i due booster laterali hanno salutato il primo stadio (chiamato anche central core) per iniziare la manovra di rientro a terra. In quello stesso istante, a circa 30 Km di quota, i motori del primo stadio hanno diminuito la potenza per preservare il carburante necessario per il rientro.
Dopo trenta secondi, anche il central core ha liberato il secondo stadio, che grazie al suo Merlin Vaccum, si è allontanato per poi aprirsi e lasciare esposta la Tesla Roadster “guidata” dallo Starman a una velocità di circa 15.000 km/h.
Con una sincronizzazione degna da spettacolo circense, i due booster sono atterrati sulle apposite piattaforme costruite a Cape Canaveral dopo solo 9:30 minuti dal lancio. Uno spettacolo impeccabile che rimarrà per sempre nei libri di storia, come già affermano in tanti.
Abbiamo dovuto però aspettare la conferenza stampa tenutasi ieri alle 6:45 pm ora locale (le 00.45 ore italiane) per conoscere la sorte del primo stadio: ricordiamo che durante la diretta sono stati persi i collegamenti. Il central core non ce l’ha fatta: durante il rientro è riuscito ad accendere solo uno dei tre Merlin, per cui non è stato possibile rallentare la caduta e atterrare come da manuale. Il razzo centrale si è schiantato a circa 90 metri dalla piattaforma causando il guasto di due dei suoi motori. Il violento scontro con l’acqua è avvenuto a una velocità di circa 500 Km/h.
Abbiamo potuto seguire questo strano convoglio, meglio noto come secondo stadio, grazie alla diretta dallo spazio durata circa 5 ore. Dopo l’accensione, il Merlin Vacuum ha effettuato un secondo burn per posizionarsi in un’orbita molto ellittica con perigeo a 180 km di quota e apogeo a 6.951 km, con inclinazione di 9 gradi.
Con la scritta “Don’t panic” sul cruscotto, un asciugamano, la copia digitale della Trilogia della Fondazione di Isaac Asimov e una placca con incisi i nomi dei 6 mila dipendenti della SpaceX, la Roadster e il suo pilota hanno orbitato la Terra indisturbati. Alle 4:50 ore italiane, è stato effettuato il terzo burn per sfruttare la fionda gravitazionale: l’attrazione del Sole fa aumentare la velocità e guadagnare abbastanza spinta per accelerare notevolmente il viaggio verso la destinazione.
L’obiettivo originale era quello di spingere il carico verso un’orbita marziana. Il propulsore però, è stato troppo efficiente, come spiegato dallo stesso Elon Musk, e ha spinto la Tesla fino alla fascia di asteroidi che separa Giove dal pianeta rosso. Dicono che potrebbe avvicinarsi molto a Cerere, l’asteroide più massiccio della fascia. Così hanno potuto constatare che il secondo stadio aveva sufficiente carburante per in inserimento in orbita marziana. Il nuovo afelio è a 2,61 Unità Astronomiche (cioè oltre 390 milioni di km dal Sole), mentre il perielio a 0,98 UA.
Riguardo questo “errore di calcolo”, Musk ha commentato dicendo che “sin da subito vi erano poche probabilità che si potesse raggiungere Marte al primo colpo – specialmente con una missione totalmente controllata da Terra e con un carico di carburante minimo che non permette molte manovre correttive.”
Ieri è cambiato il modo di concepire lo spazio. Il lancio di debutto del Falcon Heavy è stato un successo (nonostante il mancato recupero dello stadio centrale) e aprirà la strada verso i futuri viaggi interplanetari che ci porteranno prima sulla Luna e poi su Marte.
Secondo alcune dichiarazioni di Musk, sono necessari circa 6 mesi per produrre un nuovo esemplare del lanciatore pesante. Al momento c’è un solo contratto confermato ufficialmente, che prevede l’utilizzo di questo vettore per lanciare un satellite Arabsat (Arabsat 6A). Anche se la NASA segue da vicino il progetto Heavy per il trasporto dei propri astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale.
Per i dipendenti della SpaceX inizia ora il vero lavoro. Non solo dovranno studiare tutti i dati raccolti durante il lancio di prova di ieri, ma dovranno anche iniziare a pensare al Big Falcon Rocket, lanciatore che sembra più fattibile che mai.
“Cosa le ha insegnato il Falcon Heavy”
Elon: “Che i sogni possono diventare realtà (…) vedere i due booster atterrare sincronizzati, esattamente come nella simulazione, mi ha fatto pensare che è possibile stabilire un approccio che ci permetterà decollare e atterrare, fare diversi voli in un giorno (…) mi ha dato molta fede per i prossimi progetti (…) il BFR è davvero fattibile.”