Materiali ablativi, pietra basilare dell’industria aerospaziale
I materiali ablativi, conosciuti anche come materiali TPS (Thermal Protection System), hanno reso possibile i viaggi nello spazio. Essi permettono non solo di proteggere i velivoli che viaggiano a velocità supersoniche e ipersoniche nel rientro nell’atmosfera, ma anche di creare una schermatura termica nei dispositivi propulsori.
Il processo di ablazione avviene quando un corpo in rientro subisce una erosione e vaporazione del materiale che lo ricopre a causa dell’attrito atmosferico. Questo processo di perdita parziale della superficie, impedisce al velivolo di esperimentare forti variazioni di temperature, che possono raggiungere i 3000 gradi Celsius nelle zone interne o non raggiunte dall’ablazione. Il calore prodotto viene così dissipato insieme al materiale fuso.
Attualmente i materiali ablativi polimerici (PAs) rappresentano la famiglia più ampia di TPS. Questi materiali sono composti da fibre di carbonio legate da una matrice polimerica ad alto residuo carbonioso per essere resistenti alle alte temperature.
Cenni storici sui sistemi di protezione termica
I primi sistemi di controllo termico furono concepiti durante la Seconda Guerra Mondiale, quando si pensò per la prima volta alle problematiche relazionate al rientro dei missili a lunga gittata nell’atmosfera. Risalgono il missile tedesco V-2 (meglio conosciuto come Aggregate 4, così come era stato designato dai suoi progettisti guidati da Wernher von Braun) e la bomba atomica statunitense.
Furono proposte diverse strutture dei missili, ma non fu fino agli anni ’50 che all’Ames Aeronauticfal Laboratory arrivò la proposta degli scienziati A.J. Eggers e H.J. Allen dell’allora National Advisory Committee for Aeronautics (NACA), che prevedevano dei corpi tozzi capaci di provocare un’onda d’urto frontale, curva e distaccata dal velivolo.
Questa nuova tecnologia, insieme ai materiali ablativi concepiti in un secondo momento, permettono tutt’oggi di respingere il calore e non assorbirlo in velivoli come la Soyuz russa o l’Orion (ancora in fase di sviluppo) della NASA.
Contributo tutto italiano
In Italia, il gruppo di Scienza e Tecnologia dei Materiali (STM) dell’Università di Perugia, ha un’esperienza ventennale nello sviluppo, produzione e testing avanzato di materiali polimerici e compositi tradizionali e nanostrutturati.
Sin dal 2010 il gruppo STM collabora alla University of Texas at Austin con il Dr. Koo, ricercatore nel campo dei materiali ablativi e che coopera con agenzie come la NASA, nello sviluppo di un sistema di misura real-time del tasso di erosione dei materiali ablativi (più specificamente quelli compositi carbonio/carbonio) da utilizzare negli schermi da rientro dei veicoli spaziali.
Negli ultimi 5 anni questo sistema di misura è stato migliorato e testato con successo dai partners americani su materiali come il Phenolic Impregnated Carbon Ablator (PICA) e l’AVCOAT 5026-39, il materiale ablativo usato nelle missioni Apollo ed ora impiegato nella capsula Orion.
Sul territorio nazionale, il gruppo perugino ha lavorato strettamente dal 2011 con Avio, l’azienda produttrice del lanciatore italiano Vega, per la quale hanno sviluppato e testato una mescola ablativa elastomerica avente alta resistenza alla ablazione.
Nel 2014, sempre in collaborazione con Avio, il gruppo STM ha testato in condizioni di termo-vuoto la protezione termica dell’Intermediate eXperimental Vehicle (IXV), programma dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che ha come obiettivo la costruzione di un veicolo spaziale sperimentale in grado di compiere un rientro atmosferico controllato da orbita terrestre bassa.
Nel 2016 la collaborazione tra Avio e il gruppo STM/UNIPG si è estesa al lanciatore Vega-C il cui primo stadio P-120C andrà a sostituire l’attuale P-80. Il P-120C sarà inoltre integrato nell’Ariane 6 dell’ESA come strap-on booster.
Si ringrazia il Dott. Maurizio Natali del gruppo STM per il contributo offerto.