Nel precedente articolo abbiamo esaminato la manovra Orbit Raising, soffermandoci unicamente nel caso Low Thrust (bassa spinta). Ora analizziamo l’ultimo caso, ossia nell’High Thrust.
Le manovre High Thrust (cioè “a grande spinta”) avvengono fondamentalmente a propulsione chimica e sono in grado di “provvedere” al trasferimento orbitale in modo decisamente più diretto rispetto alla traiettoria a spirale.
Questo tipo di manovra prevede principalmente tre tipi di traiettorie: Hohmann transfer, bi-elliptic transfer, e one-tangent trajectory.
Rappresenta una manovra orbitale che permette a un satellite artificiale di trasferirsi da un’orbita circolare a una seconda orbita circolare complanare e confocale alla prima. Questa manovra è anche detta monoellittica bitangente: monoellittica in quanto nel trasferimento si percorre una semiellisse, e bitangente in quanto l’ellisse è tangente sia all’orbita iniziale che a quella finale, nei suoi punti absidali (come è facile evincere dalla Fig.4) .
Il trasferimento alla Hohmann è quello con il più basso consumo di energia e di ∆v, nel caso in cui il rapporto tra rf ed ri è minore o uguale a 12 : nel caso in cui tali condizioni non siano verificate, il trasferimento più conveniente risulterebbe quello biellittico bitangente (che verrà trattato in seguito).
Il tipico utilizzo di Hohmann è quello che porta un satellite da una orbita LEO a una GEO: la manovra si compie in circa 5 ore, ed è chiamata GTO (Geo Transfer Orbit).
Sia l’orbita iniziale che quella finale sono circolari, mentre quella che permette il trasferimento è un’orbita ellittica, complanare e confocale alle due circolari (Vedi Fig. 5), che è tangente alle stesse. Volendo, quindi, fare un sunto delle particolari caratteristiche di questa particolare manovra:
• È una manovra confocale e complanare: le tre coniche hanno come fuoco il pianeta “attrattore”.
• È una manovra monoellittica: l’orbita di trasferimento è una semi-ellisse di semiasse a
• È una manovra bitangente: i ∆v impulsivi sono forniti dall’apparato propulsivo nei due punti absidali dell’ellisse di trasferimento, quindi le tre orbite sono tangenti.
Applicazione
Supponiamo di voler trasferire un satellite da un’orbita circolare iniziale di raggio r1 ad una di raggio r2 : la velocità in ogni punto della prima orbita circolare sarà, in modulo:
Dove µ prende il nome di costante gravitazionale planetaria (riferita all’attrattore). Dalla conservazione dell’energia orbitale possiamo facilmente ricavare la velocità nello stesso punto, ma stavolta riferita all’orbita ellittica di trasferimento:
Avendo queste relazioni e indicando con ∆v la differenza tra il valore della velocità di trasferimento e la velocità dell’orbita circolare, possiamo ricavare il ∆v impulsivo relativo sia all’orbita finale che iniziale, attraverso le due relazioni:
L’ultimo, ma non per importanza, aspetto da considerare riguarda il tempo di trasferimento, facilmente ricavabile attraverso la Terza Legge di Keplero:
Definito come trasferimento “biellittico bitangente”, o anche trasferimento alla Sternfeld, è una manovra orbitale biellittica (sfrutta due ellissi di trasferimento) a 3 impulsi, impiegata per passare da un’orbita circolare iniziale di raggio ri ad un’orbita circolare finale di raggio rf . In una manovra del genere, l’apoapside dell’orbita di trasferimento si estende oltre l’orbita finale desiderata. Un impulso ( ∆vb ) viene eseguita proprio in questo e di nuovo (∆vc ) quando l’orbita di trasferimento e orbita finale si intersecano. Sebbene il tempo di trasferimento dall’orbita di raggio all’orbita di raggio rf sia maggiore rispetto ad un trasferimento alla Hohmann, risulta più conveniente in termini di Δv se il rapporto tra rf ed ri è maggiore di 11,94 e soprattutto nel caso in cui occorre che la sonda cambi piano orbitale. Esaminiamo le caratteristiche fondamentali della geometria relativa al piano orbitale di questa particolare manovra (per le lunghezze riferirsi alla Fig. 6):
Applicazione
I dati più importanti da ricavare, in questo caso, sono i tre impulsi che vengono impressi al satellite per garantire il suo cambio di orbita. Per effettuare tale calcolo ci avvaliamo dell’equazione di conservazione dell’energia orbitale specifica (il tutto introducendo un nuovo termine a, ossia il semiasse maggiore della conica):
Da tale formula vengono ricavati i tre risultati riportati qui di seguito:
Riguardo il tempo di trasferimento, come già anticipato più volte durante questo capitolo, sarà palesemente più lungo rispetto a quello fatto alla Hohmann (in quanto quest’ultimo rappresenta un metodo diretto del passaggio dalla circolare iniziale a quella finale); più in particolare, esso sarà pari a:
La traiettoria “monotangente” viene utilizzata quando viene richiesto un trasferimento molto veloce. Possiamo osservare due tipo di questa manovra: nel primo tipo di traiettoria, la sonda arriva in un’orbita finale minore di 180° (rispetto l’ellisse di trasferimento); nel secondo tipo di traiettoria, invece, la sonda avrà un’orbita finale maggiore di 180°. Siccome, in particolare, per arrivare ad un’orbita finale minore di 180 gradi è richiesta una velocità maggiore, il ∆v deve essere maggiorata durante questo tipo di manovra, in modo da rallentare la sonda una volta che essa arriva sull’orbita finale.
Supponendo di voler effettuare un trasferimento del tipo LEO – GEO, un eventuale progettista può calcolare il tempo di trasferimento attraverso l’ “anomalia vera” lungo l’ellisse di trasferimento, dove la sonda interseca l’orbita finale.
Dalle figure in alto (Fig. 8 e Fig. 9) si può ben evincere che a 180° il trasferimento è del tutto simile a quello di Hohmann (tempo di trasferimento di 5.3 h e un ∆v di 3.9 km/s). Per anomalia vera minore di 180°, il tempo di trasferimento decresce e l’impulso ∆v aumenta (infatti, per esempio, per 150° avremo un tempo di trasferimento di 5.3 h e un ∆v di 4.6 km/s).
Questa manovra orbitale viene utilizzata solo in caso di trasferimenti di breve durata, pur richiedendo un impulso ∆v di gran lunga più alto rispetto alla manovra di Hohmann.