Home » Kepler: alla ricerca del “gemello” della Terra

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La missione Kepler è una missione spaziale della NASA, parte del programma Discovery, il cui scopo è la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l’utlizzo del telescopio spaziale Kepler. Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell’astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009.

Visualizzazione di una fascia abitabile. Credits: NASA, G.Marcy.
Visualizzazione di una fascia abitabile. Credits: NASA, G.Marcy.

Dall’inizio della sua missione, Kepler è riuscito ad intercettare migliaia di pianeti che potessero essere candidati perfetti come sostituti della Terra, 2330 pianeti confermati, e di questi circa 297 risultano trovarsi nella famosa “fascia abitabile” (viene intesa “fascia abitabile” quella particolare zona che si trova ad una distanza tale che l’acqua può presentarsi allo stato liquido sulla superficie del Pianeta).

SCHEDA TECNICA

La struttura di Kepler nella sua interezza. Credits: kepler.nasa.gov
La struttura di Kepler nella sua interezza. Credits: kepler.nasa.gov

Kepler possiede una massa di 1039 kg e la sua componente principale è un telescopio dal diametro di 0.95 metri, che all’epoca del lancio era il più grande mai messo in orbita, chiamato fotometro o esposimetro. Presenta un enorme campo di vista: 105 gradi quadrati, quando la maggior parte dei telescopi esistenti non superava il grado quadrato. Grazie a questo suo gran campo di vista riesce a controllare contemporaneamente le luminosità di oltre 100.000 stelle per un intervallo temporale di 3.5 anni.

Il diametro del telescopio deve avere una grandezza in modo tale da permettere di ridurre al minimo le interferenze che possono provenire dai fotoni, in modo che poter misurare anche la più piccola variazione di luminosità di transito alla Terra.  L’obiettivo della missione è una precisione fotometrica differenziale combinata (combined differential photometric precision o CDPP) di 20 ppm per una stella di magnitudine 12 di tipo solare e per un periodo di integrazione di 6,5 ore, anche se le osservazioni finora non hanno raggiunto questo obiettivo. Il transito di un pianeta terrestre produce una variazione di luminosità di 84 ppm e dura circa 13 ore.

ORIENTAMENTO DELL’ORBITA

Piano orbitale del telescopio Kepler. Credits: NASA
Piano orbitale del telescopio Kepler. Credits: NASA

Kepler è posizionato su un’orbita eliocentrica, che evita occultazioni da parte della Terra, luce diffusa, perturbazioni gravitazionali e momenti torcenti associati alle orbite terrestri. Il fotometro punta il suo campo visivo verso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Dragone, ben lontane dal piano dell’eclittica, così che la luce del Sole non entra mai nel fotometro durante la sua orbita. Il campo inoltre non è oscurato né dalla fascia di Kuiperné da quella principale.

Questa è inoltre la stessa direzione del moto del Sistema Solare attorno al centro della Galassia. Di conseguenza le stelle osservate da Kepler sono all’incirca alla stessa distanza dal centro galattico del Sole e altrettanto vicine al piano galattico. Questa condizione è importante se l’abitabilità dipendesse dalla posizione nella Galassia, come suggerito dall’ipotesi della rarità della Terra. Inoltre il periodo di rivoluzione di Kepler è più lungo rispetto a quello terrestre (372,5 giorni, “Trascinamento terrestre”), in modo che il telescopio si trovi sempre in posizione arretrata rispetto la Terra.

KEPLER-452b

Kepler-452b è il pianeta più somigliante alla Terra mai trovato. Credits: NASA.
Kepler-452b è il pianeta più somigliante alla Terra mai trovato. Credits: NASA.

Una delle scoperte più degne di nota riguarda proprio Kepler-452b, un esopianeta situato nella costellazione del Cigno, distante 1400 anni luce dal sistema solare e orbitante intorno ad una stella di classe G2. Tale pianeta è il più simile alla Terra fino ad ora trovato: impiega circa 385 giorni terrestri per eseguire una rivoluzione, è più grande (raggio 1,6 volte quello terrestre) e si è formato prima del nostro pianeta.

ROGER HUNTER

Da sinistra a destra: Daniele Vangone (Presidente di EUROAVIA), Roger Hunter (Principale responsabile della missione Kepler), Gianmarco Valletta (Caporedattore Aerospace di Close-up Engineering). Credits: Close-up Engineering.
Da sinistra a destra: Daniele Vangone (Presidente di EUROAVIA), Roger Hunter (Principale responsabile della missione Kepler), Gianmarco Valletta (Caporedattore Aerospace di Close-up Engineering). Credits: Close-up Engineering.

Roger Hunter è uno dei principali responsabili della missione Kepler: il team di Close-up Engineering ha avuto la fortuna di assistere ad una delle sue fantastiche conferenze sull’argomento. Il Dott. Hunter si è mostrato molto disponibile ad un dibattito di carattere filosofico-tecnico sull’argomento:

Siamo soli nell’universo?

Quasi certamente no, ma con le tecnologie odierne non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere il più vicino degli esopianeti rilevati. Speriamo solo di essere noi a scoprirli per primi, nel caso in cui non fossimo soli.

Missioni come Keplero sono costose?

Certo, ma molto meno di quanto si pensi; 500 milioni di euro, ovvero una caffè e mezzo per ogni statunitense!

L’eventuale arrivo su uno di questi esopianeti da quale bandiera dovrebbe essere caratterizzato?

Sarebbe certamente un passo enorme per l’intera umanità e perciò dovrebbe sicuramente essere accompagnato da simboli generali della specie umana come le placche imbarcate sulle sonde Pioneer 10 e 11 ad inizio degli anni ’70.