Moltissime persone, fino ad oggi, hanno preso almeno una volta nella vita un aereo. Ed altrettante sono rimaste affascinate dallo spettacolo che riesce, puntualmente, ad offrire.
Certamente una domanda che molti si sono posti è: “Come funziona un aereo?”. Il discorso che c’è dietro questa domanda è molto lungo e complesso, però ci sono diversi “discorsi semplificatori” che possiamo attuare per rendere comprensibile questa magia anche ai “non addetti ai lavori”.
Lo schema di un volo può essere ricondotto al grafico sottostante, che corrisponde allo schema in caso di volo orizzontale rettilineo uniforme:
Si nota subito la presenza delle quattro forze predominanti:
Per avere un volo rettilineo e uniforme queste forze devono essere in equilibrio, ovvero deve sussistere:
{L = W
{D = T
È fondamentale mettere sin da subito in evidenza l’espressione matematica che mostra chiaramente i termini che ne definiscono la resistenza aerodinamica, cui sono legate in massima parte le caratteristiche e le performance ottenibili. Nella sua espressione più elementare, la resistenza aerodinamica del velivolo, in termini di coefficienti adimensionali, è nota come:
CD=CD0+CDi
Cioè somma di una resistenza di profilo e di una resistenza indotta, che deriva dalla presenza di una forza portante. Il coefficiente CD0 si riferisce ad un coefficiente di resistenza di profilo in assetto di portanza nulla (detto anche coefficiente di resistenza parassita, sebbene spesso il termine parassita risulta inappropriato).
La generazione di portanza alare avviene mediante un complesso sistema vorticoso, costituito da vortici aderenti e liberi, che ha la capacità di imporre alla corrente una deviazione del vettore velocità verso il basso, per cui, secondo Il 3 Principio della Dinamica (o principio di azione e reazione), la forza di reazione, conseguente alla variazione di quantità di moto della massa d’aria interessata dall’ala, dà luogo ad una distribuzione di pressione e quindi ad una forza aerodinamica, la cui componente normale al moto è la portanza, mentre la componente parallela costituisce la resistenza indotta. È buona cosa sottolineare che il lavoro compiuto dalla resistenza nell’unità di tempo è pari all’energia spesa per la formazione del sistema vorticoso.
Per sviluppare tale teoria, la forma in pianta dell’ala è stata oggetto di grande attenzione, in quanto essa è fattore determinante nella distribuzione delle forze aerodinamiche lungo l’apertura alare. Si è potuto constatare, infatti, che in caso di ala ellittica la resistenza indotta assumeva il suo valore minimo, seguendo la relazione:
CDi = CL²/π*AR
In cui CL è il coefficiente di portanza, mentre AR l’allungamento alare geometrico:
AR=b²/S
Con b intesa come apertura alare e S come superficie alare.
CDi = (CL²/π*AR)*(1+δ)
Ovviamente il caso di ala ellittica prevede δ=0, pertanto la resistenza indotta sarà pari a:
Di = ½*ρ*V0²*S*(CL²/π*AR)
Dove S è la superficie alare, mentre V0 la velocità asintotica. Si nota subito che Di cresce in funzione del quadrato di V0 e linearmente con la densità ρ.
Il valore della portanza, invece, deve eguagliare il peso e pertanto l’assetto del velivolo varierà con la velocità e con esso il valore di CL, che risulterà pari a:
CL = (W/S)* (2/(ρ*V0²))
Sostituendo quest’altra espressione di CL nella precedente, otterremo:
Di = (2/(π*ρ*V0²))*(W²/(S*AR))
Essendo, inoltre, S*AR=b² , otterremo:
Di = (2/(π*ρ*V0²))*(W²/b²)
In caso di volo uniforme ad una certa quota, quindi, la resistenza indotta varierà in sola funzione di V0² e b².
Sin dalle prime verifiche sperimentali, però, si vide che il valore totale della resistenza, soprattutto nel velivolo completo, non corrispondeva alla somma della resistenza del profilo più la resistenza indotta, cioè:
CD = CD0 + (CL²/π*AR)*(1+δ)
Ma era presente anche una resistenza residua dovuta a interferenze, escrescenze, imperfezioni etc., che sia l’ala, sia le altri parti del velivolo, risentivano al variare dell’assetto. Queste variazioni, inoltre, seguivano un andamento sensibilmente proporzionale a CL², conducendo ad effetti simili a quelli dell’induzione vorticosa o dell’allungamento alare.
Tutto questo venne messo in evidenza da un certo W.B. Oswald, che introdusse un coefficiente che, ancora adesso, porta il suo nome: appunto “Il fattore di Oswald (e)”. Tale fattore è sempre positivo e al più tendente all’unità (è uguale a 1 unicamente in caso di distribuzione ellittica). Quindi l’espressione di CDi diventa:
CDi = (CL²/π*AR)*(1+δ)+kCL²
In cui k = dCD0/dCL², rappresenta la costante di proporzionalità del rateo d’incremento delle resistenze parassite in funzione di CL². Indicando, inoltre:
e = 1/(1+δ+k*π*AR)
Si ha:
CDi = (CL²/π*AR*e)