Rosetta rivela: non furono le comete ad idratare la Terra

La tipica colorazione azzurra che distingue il nostro pianeta dagli altri di tipo roccioso, oltre alla presenza dell’atmosfera, è data in primis dalla ingente quantità di acqua presente, ben il 97% della superficie totale.
Ma come è arrivata sul globo? Una delle teorie più plausibili afferma che l’acqua non possa essere comparsa spontaneamente sulla Terra di 4,6 miliardi di anni fa – un mondo dalle temperature infernali, ricoperto di magma e costantemente inondato da nuove eruzioni – e che sia stata portata quindi da uno o più corpi esterni, ovvero comete o asteroidi. L’origine degli oceani terresti resta però molto incerta. La chiave per risolvere ogni dubbio potrebbe essere il rapporto tra il deuterio, isotopo dell’idrogeno con un neutrone nel nucleo, e il normale idrogeno.

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L’acqua (H2O) è costituita da due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno. In realtà, a voler essere pignoli, ogni 3200 molecole siffatte se ne incontra una la cui formula è piuttosto HDO: un solo atomo d’idrogeno, uno d’ossigeno e uno di deuterio. Questo perché, nei nostri oceani, l’abbondanza isotopica del deuterio, rispetto all’idrogeno, è di un atomo ogni 6400. Questo rapporto è una sorta di firma inalterabile, l’impronta genetica (o meglio, isotopica) dell’acqua terrestre: dolce o salata, liscia o frizzante, qui sul nostro pianeta è sempre uguale. Esso è uno dei fattori esistenziali nella formazione ed evoluzione del sistema solare, in quanto varia regolarmente al variare della distanza di un corpo dal Sole. Fondamentale per capire davvero il contributo delle comete nella comparsa di acqua sulla Terra è confrontare questo dato presente nell’acqua dei nostri oceani con quello contenuto nelle comete, esattamente ciò che Rosetta, la prima sonda spaziale inviata su una cometa, ha fatto. È il caso della cometa gioviana 67P, dove gli atomi di deuterio presenti nelle molecole d’acqua sono circa tre volte più abbondanti.

Ad accorgersene è stato lo strumento ROSINA (Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis) che grazie ai suoi due spettrometri di massa, monitorati da un team di

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ricerca di Kathrin Altwegg dell’Università di Berna, è riuscito ad analizzare l’abbondanza isotopica d’un campione del vapore acqueo emesso dalla cometa. I risultati, pubblicati su Science, parlano chiaro: lassù il rapporto fra deuterio e idrogeno è pari a circa 0.00053: grosso modo, un atomo di deuterio ogni duemila atomi d’idrogeno. Dunque una composizione più elevata: l’acqua pesante ha un effetto citotossico e può portare alla sterilità o addirittura alla morte ma solo in quantità molto elevate, tali da alzare la concentrazione di molecole con deuterio presenti nell’organismo oltre il 25%. Quella di Rosetta non è una novità assoluta : già in passato con le prime analisi dell’abbondanza isotopica del deuterio sulla cometa di Halley, eseguite negli anni ottanta dalla sonda europea Giotto, si erano evidenziati valori incompatibili con quelli terrestri suggerendo dunque che non fossero state le comete – perlomeno, non quelle provenienti dalla remota Nube di Oort, come appunto la cometa di Halley – a rifornire d’acqua il nostro pianeta. Nel 2011, però, le analisi spettrali effettuate dal telescopio spaziale ESA Herschel su Hartley 2, una cometa della Fascia di Kuiper, sembrarono aprire un nuovo spiraglio: in quel caso il rapporto fra deuterio e idrogeno era decisamente più compatibile con quello riscontrato sulla Terra. La scoperta di Rosina torna quindi a far pendere l’ago della bilancia a favore di un’altra origine per la sorgente d’acqua del nostro pianeta: gli asteroidi.

“I nostri risultati”, dice infatti Altwegg, “sembrano favorire quei modelli che contemplano gli asteroidi come mezzo di trasporto principale per gli oceani della Terra”. Nonostante un asteroide possa contenere meno acqua di una cometa, un intenso bombardamento meteoritico sarebbe comunque stato in grado di dare origine a tutta l’acqua che vediamo oggi sul nostro meraviglioso pianeta.

 

A cura di Antonio Pio Piazzolla