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ESA: il lander Philae di Rosetta atterra su una cometa

Philae raccoglierà dati e immagini per comprendere struttura e composizione delle comete

ESA Rosetta over Comet, Close-up Engineering - Credits: esa.int

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A distanza di poco più di tre mesi, si torna a parlare di un nuovo successo dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea). Il 6 agosto 2014, infatti, la sonda spaziale Rosetta è entrata nell’orbita della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, dopo circa due anni e mezzo di ibernazione, ma gli ingegneri e gli scienziati del team, nonostante l’entusiasmo, hanno mantenuto la concentrazione per condurre le operazioni della fase successiva: “l’accometaggio” .

Ieri, 12 novembre 2014, ingegneri, studenti ed appassionati, hanno potuto assistere alla diretta streaming dell’ESA dell’atterraggio del lander sulla cometa. Alle ore 17.04 italiane, l’Agenzia ha ricevuto il segnale elettronico che comunicava che l’atterraggio sul nucleo della cometa era avvenuto.

Dal 6 agosto Rosetta, orbitando intorno alla cometa, ha fotografato ed analizzato la superficie di quest’ultima, permettendo l’individuazione di cinque potenziali siti d’atterraggio per Philae, il lander trasportato dalla sonda. Infine, il sito J è stato dichiarato più promettente ai fini della riuscita della missione, permettendo anche migliori comunicazioni radio con la Terra e la ricarica della batterie, grazie all’esposizione al sole.

Le operazioni sono iniziate due notti fa: il team ha verificato l’orbita della sonda e inviato i comandi per la discesa. La manovra è avvenuta però in maniera automatica, considerando che ogni comando inviato impiega circa mezz’ora a raggiungere la sonda che si trova a più di 500 milioni di chilometri dalla Terra.

Alle 10:03 del 12 novembre è avvenuto il distacco di Philae da Rosetta, al quale sono seguite sette lunghe ore di attesa prima di poter gioire. Durante la discesa si sono verificati problemi legati ai razzi di stabilizzazione di Philae, fondamentali per l’atterraggio. Gli esperti dell’ESA hanno più volte sottolineato la difficoltà della discesa, nonostante l’accurata preparazione, valutando un tasso di successo del 70%. Il rischio principale era che il lander potesse rimbalzare verso lo spazio, a causa del basso campo gravitazionale del nucleo, a seguito di un impatto troppo forte. La traiettoria, completamente balistica, è stata determinata soltanto dalla spinta iniziale e l’atterraggio è stato ammortizzato ulteriormente dalle zampe di cui dispone il lander e da piccoli razzi disposti nella parte superiore, accesisi proprio al momento dell’atterraggio. Grazie ai suoi arpioni, il lander è riuscito ad ancorarsi al nucleo, anche se non perfettamente. Il rischio di un suo distacco è quindi possibile.

Già durante la discesa, Philae ha inviato immagini grazie agli strumenti CIVA, costituito da sei fotocamere in bianco e nero per immagini panoramiche, sensibili al visibile e all’infrarosso e ROLIS, fotocamera per riprendere l’atterraggio. La batteria primaria ha un’autonomia di 65 ore, nelle quali il lander effettuerà esperimenti grazie ai 10 strumenti di cui è dotato. La fase scientifica post-atterraggio prevede diverse sezioni. Inizialmente, si determinerà la posizione e l’allineamento del lander, per ruotarlo nella posizione ottimale che massimizzi l’energia solare ottenuta dai pannelli. Successivamente, si passerà ad una determinazione della composizione del sottosuolo del nucleo, utilizzando lo strumento italiano SD2, predisposto a trapanare il suolo e ad un’analisi dei gas presenti nell’ambiente circostante.

La fase successiva dipenderà dalla capacità dei pannelli fotovoltaici di ricaricare la batteria secondaria. Nella migliore delle ipotesi, la missione dovrebbe durare fino a marzo 2015, quando le temperature saranno troppo elevate per gli strumenti, poichè il lander seguirà la cometa verso il perielio.

La missione, che rappresenta una prima assoluta nella storia ed un importantissimo risultato scientifico, permetterà la raccolta di dati ed immagini preziosi per comprendere la struttura e la composizione delle comete, corpi celesti che dovrebbero svelare i meccanismi che permisero la nascita del Sistema solare, in quanto ritenute dei veri e propri fossili cosmici.